Rischia di trasformarsi in una vera e propria valanga la vicenda nata dall’inchiesta giudiziaria che coinvolge uno degli uomini più in vista della potente organizzazione guidata da don Marco Lai. Andrea Nicolotti, infatti, indagato secondo le cronache per traffico organizzato di rifiuti e truffa insieme – per adesso – ad altre quattro persone, è uno degli uomini più vicini al prete-manager che guida la Caritas dai tempi di Giuseppe Mani: Lai è uno degli unici due rimasti al loro posto con il ‘nuovo corso’, l’altra è Lucia Baire, l’ex assessore regionale ancora saldamente alla guida del Museo diocesano. Sussurrano che Nicolotti possa essere solo il primo: altri membri dell’organizzazione hanno candidamente spiegato che quello finito sotto la lente della magistratura è un comportamento niente affatto isolato. Ai vertici della Curia cagliaritana c’è solo silenzio e imbarazzo: il primo non è certamente una novità da quando in episcopio si è assiso don Arrigo Miglio. La linea del prelato con la stampa è sempre stata “Meno parli, meglio è”. Ma anche all’imbarazzo i fedeli stanno cominciando ad abituarsi: non è più un mistero che il Presule piemontese non sia un cuor di leone. E sono in tanti ora a chiedersi se don Lai seguirà la strada di alcuni parroci destituiti in tutta fretta a seguito dell’accendersi di inchieste giudiziarie.
E’ il caso di don Luca Pretta, giovane e nervoso parroco di Gesico, da anni in lotta con la rossa amministrazione comunale, che pochi mesi fa ne ha ottenuto la testa proprio da Miglio – dopo averla chiesta invano ai due vescovi predecessori – a causa di indagini giudiziarie, avviate (pare) a seguito di un esposto firmato da tre confratelli preti. Il Sacerdote, noto per aver tentato di vendere le reliquie di Sant’Amatore per fare cassa e per i suoi trascorsi non idilliaci contro i vari sindaci comunisti succedutisi nel paesino, è stato subito allontanato dal Vescovo alle prime voci di interessamento della magistratura a presunti episodi di violenze su minori. Le indagini si sono chiuse, non è stato scoperto nulla di penalmente rilevante, ma a don Pretta non è stata restituita né la parrocchia né la dignità: lui è costretto a riparare in parrocchie guidate da amici, preti tradizionalisti come lui.
L’altra vittima eccellente della ‘cultura del sospetto’ introdotta in diocesi da Miglio è stato don Alberto Pala, il rubicondo parroco della Cattedrale cacciato da Miglio ai primi rumors di indagine penale – poi rivelatasi inesistente – con una vicenda kafkiana che ha visto il Prete smentire a mezzo stampa il Vescovo che lo aveva ‘dimesso’ per non meglio precisate ragioni di salute. Don Pala ha fatto ricorso in Vaticano contro il provvedimento di Miglio, lo ha vinto ed è tornato al suo posto, senza alcuna scusa e senza, ciò che più conta, alcuna spiegazione ufficiale dell’accaduto da parte del vertice della Diocesi. A poco serve ricordare che questo modo di fare è stato introdotto dalla vicenda di don Pascal Manca, il parroco di Villamar arrestato nell’ambito di un’inchiesta penale e mandato agli arresti domiciliari nei giorni scorsi in un convento di Oristano, dopo quasi otto mesi di carcerazione preventiva durante i quali Miglio non ha mosso ciglio. Travolto dallo scandalo e dalle proteste di molti abitanti di Mandas e Villamar, che tuttora lo accusano di aver saputo e non aver fatto nulla, don Arrigo promise sulle colonne di un quotidiano che avrebbe dato peso a indizi, voci e bisbiglii.
In tanti riterrebbero corretto che a don Marco Lai, ultimamente in religioso silenzio (un comportamento davvero inusuale per lui, abituato a civettare ciarliero su quotidiani e tg), venisse riservato lo stesso trattamento dopo lo scandalo abbattutosi sulla Caritas, non nuova negli ultimi anni a vicende poco chiare, come il ritrovamento mai chiarito di blatte nella mensa di viale Sant’Ignazio pagata dal Comune, che non ha mai verificato l’episodio. D’altra parte, l’ex Vescovo di Ivrea non brilla per rapidità: dopo aver cercato invano di farlo nominare vescovo ausiliare, ci ha messo tre anni e mezzo a nominare vicario generale don Franco Puddu, uomo molto vicino al fu monsignor Alberti, con cui ha sostituito don Giovanni Ligas. Nello stesso periodo ha già cambiato due direttori del giornale diocesano e ordinato pochissimi sacerdoti, tra cui un diacono condannato in primo grado per una squallida vicenda romana.
Per don Arrigo Miglio – che salvo proroghe rimarrà a Cagliari fino al luglio del 2017 – non dev’essere facile muoversi nel clima di veleni e sospetti che ha contribuito a creare nella Chiesa cittadina. “Se poi uno il coraggio proprio non l’ha…”, lo rassicurerebbe don Abbondio. Nell’organigramma di Miglio, pieno zeppo di incarichi di poco conto (tra l’altro tutti affidati a sacerdoti o religiosi), è ultimamente avanzato il giovane don Alberto Pistolesi (classe 1979), che ha conquistato la pedina di vicario episcopale per il programma pastorale diocesano: una sorta di ministro per l’attuazione del programma, il ruolo che Berlusconi affidava ai trombati. Il resto sono conferme: nell’ultimo giro è rimasto a bocca asciutta – sia detto senza ironia per il personaggio – il potente plenipotenziario don Giulio Madeddu (classe 1967), già direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali, dell’Ufficio per la pastorale sociale, e direttore responsabile della radio diocesana. Un po’ troppi incarichi per aspirare ad altro, soprattutto per uno che in tanti indicano come il vero dominus delle operazioni migliesche, una sorta di consigliori abituato a scambiare caselle e a posizionarsi in attesa di tempi migliori. Nel frattempo, sullo scacchiere ecclesiale, parrocchie come Poggio dei Pini restano senza guida: per alcuni, in Curia, è meglio dedicarsi al Monopoli. Senza nemmeno leggere i giornali.
Zaccheo
(admaioramedia.it)
17 Comments
Informatore
Gentile Zaccheo,
inizialmente mi fa piacere leggerla perchè sembra serio e storico. Ma quando mi cade sul diacono, attribuendo a Miglio di aver ordinato un condannato in I grado!!!… Ahiahi perdo tutta la stima. Si informi bene: legga il Notiziario diocesano della Diocesi di Cagliari (ultima pagina) e saprà che tale condanna di I grado è stata annullata niente di meno che dal Papa. Tale pronunciamento papale che riguarda sia il merito che i vizi procedurali è definitivo e inappellabile. Se avesse saputo queste altre cosette avrebbe potuto aggiungere, per rimanere in linea col suo giudizio su Miglio, che quest'ultimo pure nella situazione riguardante il diacono S-condannato (oggi prete) fece come Ponzio Pilato: cioè non prese posizione nè cercò di dirimere tale "squallida situazione" in cui l'anello più debole era proprio il suo diacono.
L'Informatore
ZACCHEO
E' vero, caro L'Informatore: quel diacono è stato ordinato prete da Miglio, e ancora una volta senza una spiegazione pubblica dell'accaduto da parte del Vescovo. Sarà bene dire anche ai lettori che il pronunciamento papale è stato pubblicato sul "Notiziario diocesano" da lei citato soltanto molto tempo dopo l'ordinazione del diacono s-condannato (come lo chiama lei), e solo dopo molte insistenze, che lei certamente conosce, da parte di chi – ed erano tantissimi – volevano conoscere le ragioni di quella repentina ordinazione di una persona "chiacchierata" (sia detto senza alcuna colorazione polemica).
Dal momento della pubblicazione, anche in Vaticano va avanti un acceso dibattito sulla reale efficacia di quel provvedimento. In ogni caso, storicamente un condannato in primo grado resta tale, anche se poi viene assolto in un successivo grado di giudizio. In questo caso, non bastava un tribunale d'appello (come avviene di norma anche secondo il diritto canonico): per assolverlo c'è voluto addirittura il Papa. Anche questo non è strano? Non perda la stima in me, io non l'ho certamente persa in lei, che stimo da tempo e leggo sempre con attenzione.
Zaccheo
Informatore
Si, caro Zaccheo, non perdo ancora la stima: è interessante questo capitolo della Chiesa che è in Cagliari…. MA!!!! Convengo con lei sul fatto che Miglio non ha abbia mai dato alcuna spiegazione pubblica. Sul fatto della pubblicazione a livello diocesano di quel decreto papale deve considerare che quel Notiziario, seppure tardivo, fu comunque il primo notiziario dopo quella ordinazione che raccoglieva numerosi altri eventi insime al suddetto pronunciamento pontificio. Le insistenze dei fedeli crisitani di Cagliari, che conosco bene e che ho seguito durante tutti gli anni, erano piuttosto sulla mancata ordinazione sacerdotale di tal giovane, non furono cioè conseguetni all'ordinazione: come mai tal giovane, improvvisamente, dopo più di 12 anni di seminario in cui non ebbe a favorire lamentele o giudizi negativi da alcuno, anzi ottenendo stima nell'ambiente diocesano (infatti fu ordinato diacono), non fu fatto prete da Mani? Forse sono gli inaspettati effetti collaterali del diaconato? Il fatto che la sentenza sia papale e che, oltre al merito, condanni vizi procedurali fa capire chiaramente ad un gioco di potere. Da una parte il nulla della dimenticata Isola: c'era il diacono, da solo, che non fu difeso nè da Mani e nè da Miglio, mentre dall'altra parte c'era la crema della capitale: un parroco romano, il Cardinale Vicario apertamente schierato col parroco (da considerare che il Cardinale Vicario è pure il Moderatore del Tribunale diocesano e Prefetto emerito del Supremo Tribunale della Signatura Apostolica), i giudici di I grado (rammenti che, com'è noto, quelli del primo turno furono pure ricusati dal giovane seminarista cagliaritano perchè in amicizia con Mani).
Se il Papa è intervenuto non fu certo per fare le parti al giovane chierico e per mettersi addirittura in antitesi col suo Vicario e contro un noto parroco della sua diocesi, ma è forse perchè la vicenda diventò sempre più squallida e scandalosa a causa dei giochi di potere e delle sempre più evidenti e malate alleanze di "amici" con l'unico fine. La sentenza emanata dai giudici di nomina papale ha annullato la sentenza di I grado, ergo non permane nessuna condanna (consta o non consta di un reato, quindi!!): il tribunale diocesano dell'Urbe fallì in tutto e vergognosamente.
Le ricordo poi che è ben noto perchè di dominio pubblico che, dopo il I grado, l'allora diacono interpose appello alla Rota… rimane, però, senza soddisfazione una mia personale curiosità: quale delle due parti in difficoltà si rivolse al Papa dopo l'appello? Credo comunque quella parte che non gradiva l'appello dopo una vittoria ottenuta con meschine macchinazioni e giochi di forza. C'è voluto il Papa – come lei dice – per assolverlo? Oppure c'è voluto il Papa (come io credo) per riconoscere l'innocenza del diacono e soprattutto per mettere a tacere una storiaccia vergognosa che, per fragilità umane e per immoralità rilevate nei tribunali ecclesiastici, rischiava di deflagrare dopo anni di forzato ed ingiustificato trattenmento? Non le ho rivelato nulla che non si sappia già!
Informatore
Informatore
Aggiungo: non si può parlare di "repentina ordinazione" quando il diacono, da diacono, ha aspettato più di sette anni per diventar prete, quando invece bastano sei mesi. Poi: sulla validità del decreto? Ohh certo! Non so chi, a Roma, potrebbe discutere sull'efficacia di tal provvedimento, sta di fatto che parlano di un'efficacia che ha già sortito l'effetto: "nullità insanabile" della sentenza di I grado decretata dal supremo legislatore nella Chiesa Cattolica. Prima Sede a nemine judicatur. Tale provvedimento, così come recita pure il dispositivo, è definitivo e inappellabile. Sarebbe ridicolo mettere in discussione l'efficacia di un decreto approvato dal Papa o avere dubbi sulla potesta esecutiva che il Papa esercita nella Chiesa… penso che lei parli di voci di corridoio su una questione chiusa e archiviata, certo unica per chi ha interesse per gli studi canonici.
ZACCHEO
Caro L'Informatore, penso che rischiamo di annoiare i lettori di questo bel sito.
Questa sarà quindi l'ultima mia su un aspetto che evidentemente Le sta particolarmente a cuore rispetto a tutti gli altri contenuti nel mio umile scritto, vista la profluvie di dettagli che Lei conosce (e io no). Umilmente non mi scandalizzo se un diacono non viene ordinato, anzi: ahimè, data la qualità di certo nostro clero (fortunatamente non tutto), ben vengano severe selezioni, tra l'altro invocate dagli ultimi tre pontefici (specie riguardo le inclinazioni sessuali degli ordinandi). Aggiungo: il Nostro deve averla fatta davvero grossa se – dopo essere arrivato addirittura accanto a Papa Benedetto a servire da diacono le celebrazioni domenicali – qualcuno ha ritenuto di fermarne l'ordinazione. E lo stesso Miglio ha atteso non poco prima di procedere. Potrei farle nomi e cognomi di altri diaconi che attendevano da tempo l'ordinazione, e che Miglio ha repentinamente ordinato senza troppo indagare sui motivi del ritardo, e di altri che ancora attendono, ma evito volentieri, perchè a Lei pare interessare solo il diacono in questione, "casualmente" grande accusatore di altri sacerdoti della diocesi con denunce e dichiarazioni rese pubbliche all'indomani della sua ordinazione (ma questo per lei sarà un dettaglio…).
Su questo giovane mi restano solo due dubbietti piccoli piccoli, proprio sul provvedimento papale che Lei cita. Come mai non sono mai comparsi su un atto ufficiale i nomi di quelli che lei chiama "giudici di nomina papale"? Come mai sul Notiziario diocesano non è stato pubblicato l'originale del provvedimento, come ci si sarebbe potuti aspettare (non credo che il Papa si interessi spesso della sede cagliaritana), ma solo il testo? E perchè l'ordinario del luogo non ha mai sentito il dovere di spiegare la vicenda in pubblico, data la confusione generata dai suoi comportamenti in tanti fedeli? La nostra piacevole discussione a quel punto diverrebbe inutile. Per me è un'altra prova della reticenza dell'attuale assetto diocesano ad aprirsi, a comunicare. Avrà mica ragione Luigi Almiento che su L'Unione Sarda ha scritto "Papa Francesco ha aperto le porte della Chiesa, il vescovo Miglio le ha chiuse"?.
Informatore
Gentile Zaccheo, grazie della sua ultima.
Apprezzo che abbia usato il condizionale nel parlare di questo diacono: è segno che lei, pur avanzando molte ipotesi, non conosce questa vicenda. In effetti vedo che non la conosce per niente. Sarà sicuramente utile questo modo di fare per fomentare il "clima di veleni e di sospetti" del quale lei si dispiace in questo articolo, interessante ma poco storico . Grazie a Dio, di fatto e senza condizionali, quel capitolo che riguardò la Chiesa di Cagliari si è chiuso bene e definitivamente.
zaccheo
Caro L'informatore,
l'attendevo, e non avevo alcun dubbio che sarebbe passato alle offese, non riuscendo a rispondere ai dubbi che ho avanzato senza usare alcun condizionale. Lei e i suoi amici dite bene: quel capitolo si è chiuso, e ne siete giustamente felici perchè giunse a scombinare le uova nel paniere di qualche Congrega. Foste sinceri, sareste vieppiù preoccupati di quel che accade oggi nella Diocesi cagliaritana (arresti e indagini penali): invece di tutto quello che si dice, e ho scritto, l'unica cosa che vi interessa è cercare di difendere l'indifendibile diacono ordinato solo dopo l'intervento papale (tradotto, significa che non è bastato il successore di Mani, come qualcuno sperava). Bene, godetevela. La diocesi – grazie a Dio – non è piccola nè quanto una parrocchia, nè quanto il vostro siterello, da tempo infatti in disuso perchè l'unica cosa che vi interessava era quella che, a Cagliari, sappiamo in tanti. Auguri.
Informatore
Molta molta confusione vedo…eccome se ho risposto ai suoi dubbi! Ma non c'è più sordo di chi non vuol sentire (più chiaro di quel dispositivo pontificio apparso nel Notiziario). Non ritenga, orsù, un'offesa il rimarcare, da parte mia, la poca storicità che, oltre ad appoggiare inutili dubbi, pure fomenta calunniose vociferazioni o fantasie. In realtà si tratta di un invito ad informarsi meglio, magari iniziando a conoscere meglio le persone citate in tutto l'articolo e non per sentito dire da qualche prete (o vescovo) pettegolo o appassionato di romanzi… potrebbe intervistare Miglio o l'ex-diacono!
Se però poi lei è lo stesso Zaccheo che ha speso il suo tempo a leggere e scrivere nel sito che ora denigra, capisco bene che è impossibile per lei, per chiaro partito preso, cambiare opinione anche davanti all'evidenza. Proprio perchè nello sforzo di essere sincero, mi son permesso di rettificare con queste note il suo lapidario, infondato e per nulla circostanziato giudizio sull'allora diacono. Lei avanza dubbi contro fatti evidenti, mentre io le ho passato fatti circostanziati (che se vuole può approfondire, ma ahimè non potrà contraddire).
Convengo con lei sulla evidenza di quanto la politica del silenzio sia stata perniciosa per la stessa Chiesa di Cagliari e per alcuni religiosi da lei nominati, fatalmente caduti in pasto del nostro giornale isolano senza una parola di spiegazione da parte delle istituzioni diocesane… insomma per Miglio vige il "si salvi chi può". Con tutto quello che lei afferma su Miglio e che io condivido, penso sia dunque un onore per quel giovane religioso cagliaritano aver ottenuto giustizia ai vertici della Chiesa, cioè nella coscienza di un Papa che, con normalità, sa prendere addirittura una cornetta per stare vicino a chi è in difficoltà più degli altri e digitare anche uno 070.
Ricambio gli auguri.
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