Una inutile e lunghissima passerella elettorale con il sapore del ‘precotto, mangiato e digerito’: a questo si è ridotto il confronto – definirlo ‘all’americana’ è francamente esagerato – tra sei dei sette candidati alla carica di governatore organizzato dalla Diocesi di Cagliari. Assente Francesco Desogus, il fido pentastellato impegnato con Di Maio in un tour in Sardegna, che si è concluso in una piazza San Cosimo mezzo vuota (la consueta benedizione delle Palme della parrocchia la riempie di più).
La Chiesa cagliaritana ha scelto come inverosimile location per il convegno con i possibili governatori la chiesa di Santa Restituta: i politici come i mercanti nel tempio con le spalle a Cristo Crocifisso e al tabernacolo con l’autorizzazione e la felicità dell’arcivescovo Arrigo Miglio. Un luogo sacro usato per fare pubblicità elettorale a piene mani e in tutte le direzioni senza alcun timore, la religione mischiata alla politica senza alcun rispetto per il posto. La Chiesa scambiata per una tribuna elettorale senza capo né coda. Che la scelta del posto fosse sbagliata l’ha rivelato anche il furto di una statuina di Sant’Efisio (in realtà di nessun valore) riapparsa poi nel pomeriggio: forse non era il caso di far entrare tra i banchi gente così poco avvezza ai luoghi sacri, o causare così tanta confusione all’interno di un tempio. Si dirà che quella chiesa è stata anche sede della Gioc (la Gioventù operaia del tempo che fu, protagonista di tante battaglie sociali), ma la motivazione è oggettivamente troppo debole per preferire Santa Restituta al più comodo e capiente salone del Seminario arcivescovile di via Cogoni, scelta che avrebbe avuto anche tutt’altro senso e peso. Pinuccio Schirra, anima della Gioc e del carnevale cagliaritano dei bei tempi, si sarà rivoltato nella tomba per la decisione dei vertici della karalitana ecclesia. Tra l’altro anche troppo piccola, la chiesa scelta, per contenere le truppe cammellate dei candidati chiamati a confrontarsi su argomenti banali e assolutamente generici, accompagnati da nani, ballerine e accoliti vari. Ha detto bene chi ha commentato che la gerarchia della diocesi cagliaritana non sa più cosa inventarsi per riempire le chiese…
Veniamo ai temi: durante il paradossale confronto in chiesa (il terzo in pubblico per i candidati, quasi sempre sugli stessi argomenti) non è emersa nessuna richiesta specifica sui temi più cari ai cattolici, nessun impegno chiesto dalla diocesi, neppure generico, preso o da prendere a nome dei Sardi, nessun giudizio sulla politica attuale e sulle cose da correggere. Perfino la gestione concreta dei migranti così cara alla Caritas è rimasta fuori dai temini individuati dai cosiddetti ‘giovani della diocesi’ (in realtà una parte infinitesimale di loro, rafforzata da qualche pseudoesperto reclutato per l’occasione, come se ci volesse un professore universitario per formulare quattro quesiti banalotti e generici), che hanno svolto con diligenza il loro bel compitino di alzarsi a declamare la domandina che gli era stata assegnata (temi amplissimi, non vere domande). Nessun margine di errore, di confronto vero né di imprevedibilità: l’infallibile (si fa per dire) organizzazione aveva già spedito le domande ai candidati, vanificando qualunque possibile sorpresa e rendendo il tutto insopportabilmente soporifero. Certo, dato il silenzio assordante degli ultimi anni della Chiesa cagliaritana, è roba da raccontare ai nipoti con il classico ‘io c’ero’. Sarebbe potuta essere un’occasione imperdibile, ma si è rivelata un boomerang soporifero di proporzioni ciclopiche.
La Chiesa di Miglio ha scelto una location piccola (in omaggio al detto “meglio una sala piccola e un po’ di gente in piedi, che una sala grande e sedie vuote”) e ha permesso che i supporter sfegatati dell’uno e dell’altro candidato (alcuni dei quali, ne siamo certi, in chiesa ci vanno solo per i funerali) sottolineassero con brusii e applausi le risposte e le contraddizioni dei contendenti davanti a Nostro Signore, senza alcuna vergogna né rispetto per il luogo. “Sapevamo che Santa Restituta non sarebbe stata sufficiente”, ha sibilato all’avvio con inspiegabile sadismo il gran ciambellano Ignazio Boi (responsabile della Pastorale del lavoro della diocesi e diacono personale del potente parroco della vicina Sant’Anna, Ottavio Utzeri: di qui forse il vero motivo della scelta del luogo per il confronto). “Non vi abbiamo convocato in chiesa per farvi pregare – ha scherzato, senza rendersi conto – ma vi chiediamo di non farvi pregare”. Su tutto e su tutti, resta il timido Miglio, che pacioso – all’inizio e alla fine dell’incontro – ha invitato tutti ad andare a votare. Per la Chiesa di Cagliari non importa come, o chi: basta che si vada a votare. Quasi una réclame, sgradevolissima, da Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, da “Pubblicità progresso”. Una par condicio intollerabile per la Chiesa di Cristo, assolutamente inopportuna e che finisce per confondere, facendo credere ai fedeli che per Miglio e i suoi chierichetti tutti i candidati e tutti i partiti sono uguali.
Pazienza se poi si va a votare chi sostiene nei fatti la famiglia omosessuale, chi respingerebbe a cannonate i barconi con i migranti o chi taglia i fondi anche all’editoria cattolica: “Votate chi vi pare – è il Miglio-pensiero – basta che andiate alle urne”. “Cerchiamo di diventare un popolo che partecipa – ha infatti detto il presule, circondato per l’occasione dai suoi più fedeli yesman – Una comunità cristiana che non sta alla finestra a guardare ma entra nella storia di questa terra, perché è il Vangelo che ce lo chiede”. E uno si aspetterebbe, a quel punto: scegliete il vostro candidato con la Dottrina sociale della Chiesa in mano, abbiate almeno presente ciò che dice il Papa ogni domenica. Macché, niente di tutto questo. La conclusione è solo una: “L’amore per la Sardegna che è emerso da tutti (e ci mancherebbe pure che non fosse emerso, ma a parole son tutti bravi, nda) possa essere un criterio e una bussola – sono state le parole di chiusura del Vescovo di Cagliari – che ci permetterà di essere trasversali al punto giusto”. Pare di risentire il 25mo capitolo de “I promessi sposi”: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Zaccheo
(admaioramedia.it)