Ha avuto l’effetto di uno sparo nel buio la notizia che la Cattedrale di Cagliari potrebbe essere interessata da nuovi lavori di ristrutturazione. Venerdì scorso, la presenza di un devoto cronista, intento a pregare tra i banchi del Duomo, ha irritato perfino il serafico arcivescovo Arrigo Miglio, che – riporta il giornale – avrebbe addirittura chiesto di non essere fotografato. Doveva restare segreto, il sopralluogo organizzato per posizionare alcune sagome e immaginare come modificare ancora una volta la chiesa più importante della diocesi del Capoluogo.
Un pezzo di storia di Cagliari tra i più importanti, sia ben chiaro, e tra i più cari ai cagliaritani, che nel tempo l’hanno difeso come fosse casa loro: successe pure nel 2007, quando – in accordo con la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Cagliari – l’allora arcivescovo Giuseppe Mani, il temibile ex ordinario militare, diede il via ai lavori di adeguamento liturgico alla riforma conciliare della Cattedrale di Santa Maria, fino ad allora mai interessata neppure da lavori di restauro o semplicemente di revisione dell’illuminazione. L’intervento promosso dal presule toscano fece rimuovere nel presbiterio il magnifico paliotto barocco che celava l’originale altare maggiore romanico, che venne così riportato alla luce. Anche il paliotto ne beneficiò moltissimo, riportato ad una splendore mai visto. Sempre dal presbiterio, nel 2007 venne spostato in una cappella laterale il maestoso tabernacolo d’argento di epoca seicentesca.
Fu un restauro molto impegnativo, che suscitò non poche polemiche anche per i denari pubblici che vennero spesi, ma l’affronto che venne fatto passare sulla stampa fu soprattutto quello commesso in danno alla fede dei cagliaritani. A poco servì che Mani si impegnasse in una serie di incontri pubblici, in cui illustrò – con l’aiuto di ingegneri e architetti – i dettagli dell’operazione compiuta. Stesso discorso quando un successivo maestoso restauro riportò all’antico splendore tutta la Cattedrale. Anche allora polemiche a non finire, screzi con la Soprintendenza (veri o presunti), polemiche sui soldi pubblici investiti per un’operazione che però – dopo secoli di nulla – finì per dare una veste certamente più luminosa al Duomo cagliaritano: quella che tutti oggi conoscono e apprezzano.
Pensavate fosse finita lì? Nemmeno per sogno: non c’è pace per le navate di quella chiesa. Nei giorni scorsi, come detto, il misterioso sopralluogo. E mentre la diocesi, dopo l’episodio di venerdì di cui è ignara, è stata scossa dall’ordine del silenzio tipico della gestione di Miglio, sulle modifiche che saranno apportate in Cattedrale resta il più fitto segreto. D’altra parte “stare zitti e non reagire” è sempre stata una costante di chi ha in mano (si fa per dire) la comunicazione della chiesa locale, mai così afona come in questi ultimi anni. Dal più fitto riserbo filtra davvero pochissimo, come se non si dovesse nemmeno render conto, neppure ai castellani, di quello che si vuol fare con la loro chiesa: quali sono le modifiche, e qual è la necessità di un nuovo “adeguamento liturgico”, che tocca nuovamente parti della Cattedrale già modificate appena 10 anni fa? Chi sono le persone incaricate della ristrutturazione? Quanto costerà, e a chi? Domande molto serie, per tutti, ma probabilmente destinate a restare senza risposta.
Al di là dei pochi presenti al sopralluogo, i dettagli noti al momento sono davvero scarsi: sembra clamorosamente rimasta fuori della partita, infatti, anche Maria Lucia Baire, ex assessore alla cultura della giunta Cappellacci e tuttora direttore del Museo diocesano, incarico affidatole da monsignor Mani, che la mise a capo anche del restauro della Cattedrale durante il suo episcopato. Ma mentre in quel caso – raccontano i bene informati – la Soprintendenza ebbe da ridire su numerose modifiche realizzate all’interno del tempio, in questo nuovo caso pare che sia invece in prima fila a benedire le novità, che – a quanto riporta il quotidiano – potrebbero interessare anche il pavimento del presbiterio (la parte delle chiese dove sorge l’altare), già modificato durante i lavori del 2007. Insomma, sembrerebbe un ‘bollo’ che l’arcivescovo Miglio – attualmente in proroga – si appresterebbe a lasciare prima della sua partenza da Cagliari, prevista al massimo tra poco più di un anno. Non è dato sapere, infatti, se il cambio possa arrivare prima della fine della proroga concessa in extremis.
Qualcuno si spinge anche a dire che si tratterebbe dell’ultimo sfregio alla gestione del suo predecessore Mani: in questi anni, infatti, tutti gli uomini (in molti casi, giovani e brillanti sacerdoti) ai quali il vescovo toscano aveva affidato incarichi sono stati scientificamente destinati ad altre faccende (nella quasi totalità dei casi compiti molto meno importanti). Tutti, nessuno escluso (o quasi). Anche le iniziative messe in piedi nei sette anni dell’episcopato dell’ex ordinario militare sono state smantellate con precisione chirurgica. Ma un vescovo in proroga che modifica la Cattedrale senza informare i fedeli (e, forse, neppure i suoi preti) si commenta da solo. Ai loro posti, invece, restano saldamente Marco Lai, il prete manager della Caritas, e la già citata Baire, che nel frattempo ha trovato il modo e il tempo per fare anche l’assessore a Quartu nella giunta guidata da Stefano Delunas. L’uno occupa il posto a seguito di un referendum indetto da Mani tra i preti su chi volessero alla guida dell’ente di carità, l’altra era già nelle grazie di monsignor Alberti dai tempi che furono.
Nel frattempo, i bookmaker hanno ripreso a scommettere con vigore su quello che succederà tra poco più di un anno in diocesi, quando cioè scadrà definitivamente la proroga di Miglio ad arcivescovo di Cagliari. Col tempo – ed è la prima tesi – si è pian piano affermata la convinzione che il regno del vescovo piemontese sia stato allungato dal Vaticano in assenza di alternative valide (“pronte”, le definisce ‘Radio Clero’: in pratica non c’erano all’epoca candidature spendibili). La tesi contrapposta – certamente minoritaria – è che invece la proroga sia stata determinata dalla necessità di un periodo di tempo chiesto dallo stesso vescovo per chiudere – o almeno tentare di farlo – alcune vicende intricate, tra le quali le più note sono le pendenze giudiziarie che riguardano alcuni sacerdoti.
Alcuni sono finiti nelle nebbie: mentre il caso di don Pascal Manca è noto e rimarrà una ferita aperta (indipendentemente dall’esito del processo di appello contro il prete), non è dato sapere gli attuali incarichi pastorali di alcuni preti. Il caso più celebre è quello di don Massimiliano Pusceddu, il prete boxeur sollevato dall’incarico di parroco di Vallermosa dopo alcune (incaute?) dichiarazioni sugli omosessuali, e di cui nessuno ha più avuto notizia, mentre alcune parrocchie avrebbero molto bisogno di viceparroci e collaboratori. Come se non ci fossero cose più urgenti da fare, qualcuno pensa a modificare la Cattedrale: di bene in Miglio.
Zaccheo
(admaioramedia.it)