Il nero del catrame intinto di bianco, cavalcavia mutanti in ‘cascate di rabbia’, fra striscioni di solidarietà ormai parte integrante degli arredi urbani, presidi in ogni angolo dell’isola e cisterne prima assaltate e poi bruciate, con tanto di filmati pubblicati in rete e sui social. Inutile negarlo, la questione latte è un’emorragia continua che nemmeno le storiche presenze settimanali di vertici del governo, pacche sulle spalle, rassicurazioni e promesse varie, stanno riuscendo a risolvere.
Lo specchio di un dramma annunciato sta tutto nei tavoli fra pastori e industriali, lontani anni luce da una soluzione che possa mettere tutti d’accordo, generando nuova linfa nell’economia autoctona. Se da un lato gli allevatori chiedono (inderogabilmente) un prezzo del latte che sia almeno di 1 euro al litro, dall’altra gli imprenditori caseari rispondono innalzando muri, nonché giustificando la scelta di fermarsi a 72 centesimi di euro, come un grande sforzo che già lede centinaia di dipendenti dei caseifici. Nemmeno il vertice di martedì scorso (26 febbraio), in prefettura a Sassari, sembra aver dato un barlume di luce al buio pesto che circonda la vicenda: nessuna firma delle controparti, e una decisione rinviata per domani, dove a Tramatza, il mondo agropastorale si riunirà nuovamente decidendo che strada percorrere.
Non gioveranno di certo la mancanza di unità e coesione, peggiori nemiche di ‘radio campagna’, priva di una rappresentazione unica, come l’ormai fu “Movimento Pastori sardi” e suddivisa in piccole scuole di pensiero ciascuna portatrice del proprio messaggio: tornare in piazza o proseguire con un’ulteriore mediazione. E se dalle parti di via Roma, a Cagliari, un nuovo Consiglio regionale si appresta ad insediarsi e una Giunta a comporsi, il presidente Solinas dovrà certamente assumersi l’onere e il dovere di ricucire lo strappo creatosi fra la politica e ovili in questi lunghi anni. Una missione difficile, ma non di certo impossibile: lo sviluppo dell’oro bianco sardo passa attraverso un fronte unito, dove abili diplomazie sartoriali sappiano mettere in campo una nuova fase che tuteli i prodotti isolani, scoraggiando arrivi di alimenti di indubbia provenienza.
Giorgio Ignazio Onano
(sardegna.admaioramedia.it)