Sabato 15 agosto, il giornale “The Guardian Weekly”, tra i periodici più letti del Regno Unito, ha pubblicato un lungo articolo sulla Sardegna: "La Sardegna era la casa della mitica civiltà di Atlantide?" Il "Guardian Weekly" offre una raccolta del meglio del quotidiano "Guardian" e del giornale inglese domenicale "Observer", oltre a recensioni dell'americano "Washington Post" e del quotidiano francese "Le Monde". Lo pubblichiamo integrale in italiano, grazie alla collaborazione di Ornella Corda, socia della Fondazione Nurnet – la Rete dei Nuraghi, che l’ha tradotto per admaioramedia.it.
Una cometa, tuffandosi nel mare, avrebbe potuto innescare un maremoto che ha sconvolto gli insediamenti dell'età del bronzo sull'isola, dicono gli scienziati.
Omero parla di Poseidone che scaglia, Platone si riferisce ad un massiccio disastro marino. Che cosa è successo in Sardegna nel secondo millennio a.C.? Quale evento drammatico ha spazzato via la civiltà nel Tirreno ed i "costruttori delle Torri", citati da Strabone e dal poeta Esiodo nell'antichità? È stato un terremoto o un maremoto? Una cometa? Era una punizione inflitta da Zeus, come suggerisce Platone nel Crizia, che agì senza pietà per migliorare il comportamento di queste persone che erano state viziate dal vivere in una terra in cui è sempre primavera? Certamente gli abitanti avevano occupato una bella isola fertile, dotata di tutti i tipi di metallo, sia duro sia malleabile, quali lo zinco, il piombo e l’argento.
Lo scrittore e giornalista Sergio Frau, uno dei fondatori del quotidiano italiano La Repubblica, ha studiato l'argomento per più di 10 anni, sulla base dei testi degli antichi. Una dozzina di scienziati italiani si sono uniti a lui quando ha visitato la Sardegna ai primi di giugno. Tra questi vi erano lo storico Mario Lombardo, l’archeologa Maria Teresa Giannotta, Claudio Giardino, specialista in metallurgia antica, il cartografo Andrea Cantile, l’archivista Massimo Faraglia e Stefano Tinti, geofisico ed esperto di maremoti. L'obiettivo era quello di vagliare diverse ipotesi poco prima di una mostra dal titolo “La Grande Onda” che la mitica isola di Sardegna ha aperto al museo di Sardara.
“Le Monde” li ha seguiti attraverso i profumi di mirto, artemisia, cisto e rosmarino, ricercando l'ombra di vecchi ulivi contorti dal tempo e querce da sughero, salendo su sommità di colline dove i resti di antichi edifici megalitici presenti in Sardegna si trovano nascosti. La Sardegna potrebbe essere l’isola dell’Atlante di Platone, o in altre parole Atlantide, terra che il filosofo greco collocò oltre le colonne d'Ercole, lo stretto tra la Sicilia e la Tunisia. Erodoto ed Aristotele hanno condiviso questo punto di vista, che contraddice l'idea che il termine si riferisse allo stretto di Gibilterra, come è stato ipotizzato comunemente dal III secolo a.C. in poi. Frau, inoltre, sostiene questo assunto. Vista dall'alto l'estremità meridionale dell'isola assomiglia ad «una Pompei marina sommersa dal fango», dice. Scavando in questo fango saltano fuori ceramiche, tazze, vasi, lucerne, pietre affilatura, attrezzi in metallo, coltelli, scalpelli, aghi e punte di frecce, il tutto mescolato, come se le persone fossero state costrette a mollare tutto e correre. Questi straordinari reperti archeologici hanno attirato poca attenzione fino alla metà del 20° secolo. Per una buona ragione, però. Per circa 3.000 anni l'isola sembrava essere sotto una maledizione, in preda alla malaria fino 1946-50, quando la Fondazione Rockefeller ha sperimentato l'uso del Ddt per sradicare le zanzare che portavano la malattia. Ora sappiamo che migliaia di nuraghi – fortezze megalitiche con una torre centrale – sono sparsi in tutta l'isola. Risalgono alla metà dell'età del bronzo, tra il 16* e il 12° secolo a.C.
Nella provincia del Medio Campidano, nel sud, molti di essi sono spariti sotto cumuli di terra ricoperti di vegetazione. Solo quelli in altura, a più di 500 metri, sono stati risparmiati. Negli ultimi anni il numero di strutture registrate è salito da 9.000 a 20.000. Ci sono 20 strutture di questo genere sull’altopiano basaltico della Giara, il cuore di un vulcano che ora sale a circa 600 metri sul livello del mare e si estende su 42 kmq. E' sede di piccoli cavalli selvatici con lunghe criniere. Le torri sembrano fare la guardia sulla pianura sottostante. «A metà dell'era del bronzo l'altopiano è stato utilizzato per pascoli invernali», dice Francesco Casu, una guida locale. «Ogni torre apparteneva ad un clan che possedeva i campi circostanti». Nelle pianure i nuraghi assomigliano a collinette a forma di piramide. L'esempio più complesso è Su Nuraxi, a Barumini. L'archeologo Giovanni Lilliu scoprì questo enorme edificio nel 1950. Qualche tempo prima della sua morte, all’età di 98 anni, nel 2012, ha spiegato ad una signora come fosse stato incuriosito da una cavità che tutti chiamavano il pozzo, situato su una piccola collinetta di terra e sassi. Ma nessuno aveva il più pallido sentore di quale tesoro vi fosse nascosto dentro. Il sito di Barumini, che è stato aggiunto alla lista del patrimonio mondiale dell'Unesco nel 1997, è spettacolare. Per raggiungere la fortezza centrale si passa attraverso un labirinto di pareti circolari, corrispondenti alle case di un villaggio, forse costruito più tardi. La caratteristica che più colpisce è il modo in cui gli enormi blocchi di basalto che formano la torre centrale combaciano. La torre è conica, con un pavimento di ciottoli levigati, e coperto da una cupola in stile miceneo. Essa risale al 16° secolo a.C., basandosi su rami di ulivo fossili trovati all'interno. Quattro torrette, risalente al 12° secolo a.C., circondano la torre principale. Sono collegati da passaggi sotterranei, testimonianza della bravura dei loro architetti. Una cavità di stoccaggio mantiene alimenti ad una temperatura costante di 12C tutto l'anno. Queste torri sono state costruite come difesa contro qualche nemico, per ospitare signori locali, o addirittura per la segnalazione?
Alcuni storici suggeriscono che i messaggi passati da un nuraghe a quello vicino, potrebbero anche essere serviti a trasmettere la notizia della caduta di Troia. Se si riesce a vedere un nuraghe, si riesce, generalmente, ad individuarne altri quattro o cinque vicini. Ma poiché non c'è nulla di scritto, la loro funzione originale rimane un mistero. Tutto quello che sappiamo è che quando sono stati riutilizzati, durante l'età del ferro (circa 10° secolo a.C.), è stato per adorare la luna. Ulteriori ricerche si sono concentrate a Su Mulinu, nei pressi di Villanovafranca, 50 km a nord di Cagliari, come parte della Grande Via del Tirreno, un percorso storico franco-italiano. Un scavo ha scoperto un grande bastione, su una piana coperta di quadrifoglio, che risale al 1400 a.C. Porta i segni visibilissimi di un incendio, che si è verificato attorno al 1000 a.C. Un altare in calcare, a forma di nuraghe, si trova nel santuario ed è del IX secolo a.C. E' decorato con una falce di luna, simbolo della dea madre. Dal fango che copriva la struttura gli archeologi hanno estratto oro, argento, ambra e gioielli in cristallo di rocca, così come centinaia di lampade ad olio in terracotta pensate per essere offerte alla luce del sole, celebrazione del solstizio d'estate, avvenuta fino al secondo secolo. Questi ritrovamenti sono in mostra in un museo vicino.
Rimane la questione di quale catastrofe spaventosa, avvenuta intorno al 1175 a.C, avrebbe immerso la Sardegna in un’ "età oscura". Alcuni isolani si rifugiarono sulle alture, altri fuggirono in Etruria (ora Italia centrale). Nella sua “Vita di Romolo”, scritta nel secondo secolo, Plutarco sostiene che gli Etruschi avessero colonizzato la Sardegna. Lungo la costa d'Italia necropoli etrusche hanno restituito innumerevoli bronzetti sardi, ex-voto che raffigurano guerrieri, con i caschi cornuti e scudi rotondi, e modelli di nuraghi. Se è accaduto un maremoto, ciò potrebbe spiegare la grande Pianura del Campidano, che attraversa la parte meridionale dell'isola da Cagliari fino al porto fenicio di Tharros, sulla costa occidentale. Nel Vecchio Testamento Ezechiele scrive: "Quale città è come Tiro, distrutta in mezzo al mare? […] Nel momento in cui sei stata infranta dai mari, nelle profondità delle acque […] Tutti gli abitanti delle isole sono stupiti di te … " Frau cita un'iscrizione nel tempio funerario di Ramses III (1184-1153BC) a Medinet Habu, Egitto. Racconta di come “gli stranieri provenienti dal nord” avessero visto il terremoto. …Poi le acque sommersero la loro terra, il dio del mare Nun aveva mescolato e inviato un’ondata talmente enorme da ingoiare città e villaggi. Gli stranieri erano probabilmente mercenari sardi impiegati dal faraone. Quindi è stato solo un evento mitico o un vero disastro?
La questione ha attirato un gran numero di persone del luogo nel mese di giugno, che stipate nella cappella di Santa Anastasia a Sardara, anche riversate fuori in strada, hanno ascoltato gli scienziati. La conferenza è stata illustrata da un gran numero di fotografie. Dopo aver ascoltato a bocca aperta per due ore buone il pubblico è scoppiato in una tempesta di applausi degni della prima notte di un'opera. Fino al 1980 nessuno era consapevole del fatto che onde di marea si fossero verificate nel Mediterraneo. Il professor Stefano Tinti lo ha spiegato. Ma, a partire dal 2004, gli scienziati hanno identificato 350 eventi di questo tipo nel corso di un periodo di 2500 anni. «Il terremoto in Algeria nel 2003, che ha ucciso 2.000 persone, ha innescato un'onda d'urto che ha raggiunto le Baleari e la Sardegna un'ora dopo», ha detto. «Allora, cosa sarebbe stato necessario nel nostro caso?», ha poi chiesto. «Stiamo parlando di un enorme volume di acqua, alto circa 500 metri [l'elevazione fino alla quale i nuraghi erano eretti]. Solo una cometa potrebbe fare ciò, se l'impatto si è verificato molto vicino alla costa e in una direzione ben precisa», ha affermato. Un evento di questo tipo può essere verificato nei pressi di Cagliari, con il risultato di devastare la Pianura del Campidano.
«Uno dei meriti della ricerca condotta da Sergio Frau è l'aver dimostrato che la civiltà nuragica è stata uno dei punti focali del mondo antico, sia in termini di geografia e prospettive», dice Azzedine Beschaouch, ex capo del centro del patrimonio mondiale Unesco. «Ora abbiamo bisogno di dare sostanza scientifica, storica, culturale, politica ed emotiva ad un passato ancora misterioso». «Una cometa caduta colpisce il mare ad una velocità di 20 km al secondo», aggiunge Tinti. «Ci vuole meno di un secondo per un’onda a propagarsi, con un aumento di quattro o cinque volte delle sue dimensioni». Egli è convinto che la sua teoria sia giusta. Resta da vedere se la prova del suo impatto può essere trovato sott'acqua, o forse anche nei frammenti del corpo celeste. Ancora oggi la gente di Sardegna è diffidente nei confronti della costa. Come dice la cantante sarda Clara Murtas: «Il mare, noi non lo nominiamo, lo evitiamo».
Questo articolo è apparso in "The Guardian Weekly", che incorpora materiale da "Le Monde".
(Was Sardinia home to the mythical civilisation of Atlantis?, da "The Guardian Weekly")
(admaioramedia.it)
42 Comments
AlessandroDess
RT @admaioramedia: Un articolo del giornale inglese “The Guardian Weekly”: La Sardegna era la casa della civiltà Atlantide? http://t.co/Gby…
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