Discorrendo di sviluppo del turismo, il settore più promettente per l’economia e la società della Sardegna, il gioco del golf riveste un posto fondamentale. Questo principio è stato recepito e sono state presentate al Consiglio regionale due proposte di legge riguardanti la realizzazione di campi da golf, uno del Pd, dedicato a piccoli campi di interesse locale, l’altro dei Riformatori, dedicato ad un sistema di campi d’interesse turistico. La prima proposta prende spunto dall’individuazione da parte della Federazione Italia Golf di essenze erbose particolari che richiedono meno acqua, diserbanti, antiparassitari: un campo da gioco bio-golf è stato realizzato a Florinas vicino a Sassari ed è auspicabile che altri ne vengano realizzati in altre località, avrebbero lo scopo di diffondere questo sport che è tra i più praticati (nel Mondo vi sono oltre 60 milioni di giocatori, in Europa più di 6 milioni, in Gran Bretagna 3,5 milioni, in Italia 100.000, in Sardegna meno di 1.000). Va benissimo, ma non servono molto per il turismo, anche perché si parla di campi a 6 o 9 buche, mentre normalmente per portare turisti-golfisti servono campi a 18 buche.
La proposta dei Riformatori è diversa, più orientata verso una utilizzazione turistica. Anche qui bisogna fare qualche osservazione: l’impostazione è valida ma non tiene conto di come realizzare 18 campi a 18 buche, distribuiti a gruppi nel territorio. Innanzi tutto i costi per la realizzazione – anche se non è espresso chiaramente, si tende a privilegiare l’iniziativa privata – si indica un indice fondiario per la ricettività senza chiarire se si tratta solo di alberghi o anche di ville e appartamenti. I campi almeno inizialmente dovrebbero servire per far lavorare di più gli alberghi esistenti non tanto a costruirne di nuovi. Ricordo che l’indice di utilizzazione degli alberghi è circa il 20% e si lavora per il 90% nei quattro mesi estivi. Per quanto riguarda ville e appartamenti si sa che ve ne fin troppe e comunque in abbondanza – da un’indagine fatta anni fa dovrebbero essere almeno 150.000 con circa 500.000 posti letto ed una cubatura attorno ai 75 milioni di metri cubi – anche questi utilizzati quasi esclusivamente nel periodo estivo.
Si dice che questo sia il motivo che può spingere un imprenditore ad investire nel settore, ma non è accettabile: se il motivo per costruire i campi è questo cosa succederà quando è stato venduto tutto? Per la gestione occorre almeno mezzo milione di euro all’anno (forse qualcosa in meno nei bio-golf), se non si è creata una solida e sostanziosa rete di clienti-giocatori (e non bastano certo quelli locali) che si fa? Si chiude? E’ un aspetto ignorato in entrambe le proposte.
Altro aspetto ignorato è la preparazione del personale che dovrà gestire i campi e l’intera struttura. E’ indispensabile creare un sistema specifico pubblico-privato che si occupi non solo di costruire i campi ma anche di far arrivare i giocatori: per il finanziamento si può ricorrere al Credito sportivo del Coni; per i clienti occorre creare un organizzazione specifica, cioè proporre insieme viaggio, soggiorno, golf, ponendo in rilievo le caratteristiche della Sardegna. Tutto questo sistema dev’essere realizzato in comune, con la partecipazione della Regione, dagli Enti pubblici locali, dagli operatori, imprenditori ed anche lavoratori. Se si riuscisse a creare e far funzionare un sistema del genere, si potrebbe agire seriamente. Lo stesso impiego di risorse pubbliche sarebbe limitato al sostegno promozionale, che non sarebbe esclusivo del golf ma destinato all’intero sviluppo turistico. Forse è un’utopia, ma questa dovrebbe essere la via da praticare.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)
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webnauta59
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