In Sardegna il trasporto pubblico locale è governato da 52 aziende private, 4 pubbliche per il servizio urbano, 1 (Arst) per il servizio extraurbano: “Per una regione come la Sardegna, con poco più di 1.600.000 abitanti, sono obbiettivamente troppe”, ha evidenziato Valerio Zoccheddu della Fit-Cisl.
“La Sardegna – ha aggiunto il sindacalista – a differenza di altre regioni, ha le aziende pubbliche di Tpl coi conti in ordine che offrono mediamente una buona qualità di servizi, con alcune punte di eccellenza. L’indeterminatezza del futuro ha però un peso rilevante sulle scelte industriali delle aziende. L’Arst con 2.100 dipendenti e circa 900 bus, in parte da rottamare, e il rimanente da sostituire nei prossimi 4/5 anni, in assenza di conoscere il proprio futuro dal 2019, non è in grado di produrre un piano industriale e tanto meno di pianificare un programma pluriennale di investimenti per interventi di manutenzione straordinaria degli impianti e per la sostituzione dei mezzi, in quanto l’accesso al finanziamento bancario diventa improponibile senza certezze di futuro a medio/lungo periodo”.
“E’ auspicabile un’unica azienda regionale – ha concluso Zoccheddu – eventualmente frutto di un consorzio tra le attuali pubbliche e private. Servono tre garanzie: posti di lavoro di tutti gli addetti al Tpl; quantità e qualità di servizio di trasporto sia urbano che extraubano con particolare attenzione ad assicurare il diritto alla mobilità per i residenti nelle zone interne; coinvolgimento delle istituzioni locali nell’individuazione dei servizi minimi da garantire”. (red)
(admaioramedia.it)