Il Consiglio regionale ha iniziato ieri la trattazione del disegno di legge volto a modificare la Legge Statutaria elettorale, ma ha immediatamente deciso di rinviare la votazione e di riportare il testo in Commissione, spostando il dibattito di una settimana.
In parole povere, si discute sull’introduzione della doppia preferenza di genere già a partire dalla prossima tornata elettorale, prevista per il 2019.
La doppia preferenza è uno strumento pericoloso, frutto di una visione miope della realtà politica non solo isolana: cercare di creare artificiosamente, intervenendo a livello giuridico, una ‘parità’ significa credere che effettivamente ci sia un rapporto asimmetrico tra ‘ruolo-sesso’. Ma è realmente così? Le donne elette in questa legislatura in Consiglio regionale sono quatto, decisamente in minoranza rispetto ai 56 colleghi uomini. Quello che risulta da una prima analisi esclusivamente statistica è che c’è chiaramente uno squilibrio tra i generi rappresentati, e questo può far sorgere il legittimo sospetto che il meccanismo elettorale favorisca gli uomini rispetto alle donne nell’accesso al ruolo di rappresentanza politica. Però, quella che è (ancora oggi) la legge elettorale in vigore rappresenta un corpo legislativo neutro, privo cioè di identità di genere, dove viene richiesto al candidato consigliere di recuperare abbastanza voti nominali per riuscire ad entrare nel numero degli eletti. Dunque chiunque, a prescindere dal genere che rappresenta, può entrare in Consiglio regionale, ma per farlo è necessario che l’aspirante prenda un voto in più rispetto al primo dei non eletti (sic!). Altresì, l’elettore è liberissimo di scegliere di votare la persona che maggiormente egli crede possa rappresentarlo nell’Assemblea, sia esso maschio oppure femmina.
Le consigliere donne presenti in questa legislatura, involontariamente, confermano questa tesi: sono state in grado di conseguire un numero congruo di voti tali da poter accedere alla carica elettiva; non hanno beneficiato di alcun ‘aiuto’ esterno (il famigerato ‘tandem’) che ha la capacità di raddoppiare i voti i disposizione. Già, perché questo sistema di doppia preferenza farà aumentare anche, in un colpo solo e ‘magicamente’, il numero di voti totali disponibili e ciò potrebbe cambiare decisamente i rapporti di forza nella formazione di una maggioranza.
Non si parla di sessismo, ma semplicemente sembra chiaro come questa mossa sia una mera ricerca di consenso spicciolo in vista delle elezioni che si fanno sempre più prossime, per guadagnare quei titoli di giornale utili a lanciare nuove candidature o riconfermare la posizione dei proponenti. È l’ennesimo atto di una politica che è incapace di risolvere i problemi reali dell’Isola e si impegna in quelle battaglie di facciata, artificiosamente attuali, che possano quantomeno salvare la faccia a ciò che non potrebbe essere altrimenti fatto salvo, considerato il grigio andamento di questa legislatura dove il Consiglio, oltre che la Giunta, non sono stati in grado di produrre alcuna nuova prospettiva né in campo economico né in senso occupazionale.
Le nostre consigliere dimostrano che anche per le donne è possibile accedere alle cariche elettive, a patto che siano ritenute dall’elettorato persone valide e competenti in grado di rappresentare gli interessi della collettività alla quale richiedono il voto. Spesso si ha l’impressione che le donne non facciano abbastanza attività politica (sarebbe sufficiente frequentare qualche riunione di un qualsiasi partito per rendersene conto) perché, forse, non hanno lo stesso interesse a cercare di costruirsi una posizione di forza all’interno dei partiti che vogliono (o dicono di) rappresentare. Molte donne grazie al ‘tandem’ sono riuscite ad accedere dentro vari Consigli comunali nell’ultimo anno e potranno dimostrare il proprio valore, perché se di non discriminazione trattasi dobbiamo anche sperare che non vi sia una discriminazione a contrario, cioè che non vengano tagliate fuori persone di talento, pulite e fresche solo perché uomini, per far spazio al famigerato numero del 50% di quote rosa in ogni lista. Sarebbe un errore imperdonabile per la nostra terra, bisognosa di ingegno e di competenza di qualsiasi colore, piuttosto che di un dato genere.
Sono sicuro che chiunque in Sardegna non disdegnerebbe avere un’Assemblea composta da sessanta consigliere donna, se queste dimostrassero di avere il talento necessario a risollevare le sorti della Regione. Speriamo che anche in Aula se ne rendano conto e non cedano alle pressioni di chi punta ad una legge di facciata che potrebbe portare più problemi di quanti ne possa risolvere.
Tigellio
(admaioramedia.it)