Lanciato su Facebook con l’hashtag accattivante #tettepercrocchette, è solo l’ultimo di una serie di appelli tra il serio e il faceto da me ideati per tentare di risollevare le sorti di ben più di 44 gatti in fila per 6 e col resto di 2.
Cosa può fare d’altronde una gattara di pochi mezzi e qualche ingegno, se non sfruttare doti naturali di autoironia? Amo i gatti alla follia. Mi occupo di gatti da una vita intera, vivo con loro, ma in particolare da più di dieci anni seguo un gruppo di circa 160 mici randagi nella zona della marina di San Vero Milis. Senza fondi pubblici, senza il riconoscimento – più volte richiesto e sempre negato – dello statuto legale di colonia, porto avanti la mia missione di sfamare, curare e sterilizzare i gatti utilizzando il mio account su Facebook per raccogliere cibo e fondi tramite donazioni di privati altrettanto amanti dei felini. I soldi raccolti, tuttavia, non bastano mai. Il solo sostentamento dei gatti, infatti, tra scatolame di cibo umido e croccantini, ammonta mensilmente a circa 800 euro. Pazientemente raccolti tra lotterie ed eventi organizzati su Facebook e salvadanai collocati presso esercizi commerciali ’pet friendly’.
Qualche giorno fa, dopo aver fatto qualche conto e avendo constatato che i risparmi, depositati su una carta postepay, erano ormai agli sgoccioli, ho partorito un’idea. Che dapprima mi appariva un po’ balzana. Con il mio smartphone ho registrato un video in cui, imparruccata e truccata da vamp anni ’50 e con una generosa scollatura in primo piano, recito la parte del mio Alter Ego. La parte ‘buffona’, come la definisco, che punta tutto sulla verve smaccatamente ironica e autoironica e chiede aiuto al popolo del web. L’operazione #tettepercrocchette non è altro che un invito a uomini e donne perché regalino la propria immagine, un selfie sexy o spiritoso, per sensibilizzare al problema del randagismo. Perché la parola tetta è magica, si sa. Attira subito su di sé l’attenzione. In bene o in male. Io ho scommesso sul bene.
Nato quasi per gioco, forse per disperazione dopo anni di appelli impostati su toni decisamente più seriosi, l’hashtag ha raccolto in poche ore quasi quattromila visualizzazioni, e tra gag e risate le persone hanno cominciato a rispondere. Decine di foto, e la mia bacheca si è riempita di un tripudio di seni e pettorali. Come risposta altrettanto ironica e autoironica da parte di chi non ha paura di esporre il proprio corpo per una causa benefica. Senza distinzione di età, sesso, prestanza fisica.
Con lo stesso spirito giocoso rilanciato in risposta a chi ha proposto l’iniziativa. E, finalmente, hanno cominciato ad arrivare anche crocchette e donazioni. Missione compiuta, quindi. Il cibo per i randagi è garantito ancora per qualche tempo. E domani? Domani è un altro giorno. Ci saranno nuove idee, nuovi hashtag, niente resterà intentato per garantire il benessere dei felini. Chi vivrà vedrà, chi vorrà partecipare a nuove gare di solidarietà sarà il benvenuto. Accetto le sfide. E possibilmente cerco di vincerle.
Daniela Pintor
(admaioramedia.it)