Il processo per la Strage di Bologna riprenderà mercoledì, con la terza e probabilmente ultima audizione dell’imputato, Gilberto Cavallini, ma l’iter dibattimentale, ormai alle sue battute finali, non preluderà a un rapido avvio verso la sentenza, dato che si stanno allungando i tempi concessi per sviluppare appieno le varie perizie disposte dal presidente della Corte d’appello, Michele Leoni.
È freschissima la notizia, diffusa dallo stesso perito chiamato a esaminare sia le tracce dell’esplosivo sia i resti di una delle vittime, Maria Fresu, secondo la quale Danilo Coppe procederà all’esumazione di ciò che resta della più misteriosa tra gli uccisi il prossimo 25 marzo. Dunque, è abbastanza facile prevedere come i risultati di queste analisi approderanno in aula non prima del mese di maggio, più verso la fine che verso l’inizio. Maria Fresu – 24enne di origine sarda, arrivata anni prima in provincia di Firenze, a Gricciano, frazione del piccolo comune di Montespertoli, al seguito di papà Salvatore che, con altri sette figli, si era trasferito in Toscana ad allevare le sue pecore in quella zona – è letteralmente ‘svanita’ a causa dell’esplosione e di cui furono recuperati solo alcuni frammenti di corpo, per la precisione del volto, a lei attribuiti in quanto ‘non mancanti’ a nessun altro dei corpi recuperati e seppelliti nelle ore e nei giorni successivi all’attentato.
L’analisi di quei poveri resti, probabilmente, è finalizzata a comprendere che esplosione possa essersi verificata a Bologna, tale da far scomparire un corpo quasi per intero. Un’analisi che mette strana apprensione nel presidente dell’Associazione familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, il quale, oltre a non capire il senso di questa analisi, secondo lui inutile, dice di temere “strumentalizzazioni”. In che senso, “strumentalizzazioni”? Come si possono ‘strumentalizzare’ i resti mortali di una persona? Naturalmente, non si può, Bolognesi, però, teme ben altro e, cioè, che quei resti, come è stato già ipotizzato, possano ‘dimostrarsi’ non di Maria Fresu, cioè, di un’altra, ulteriore vittima che, a quel punto, sarebbe quasi certamente uno degli attentatori. Se l’analisi dovesse confermare la possibilità di questo scenario, altro che strumentalizzazione: cadrebbe – e per via scientifica – la ricostruzione ‘accettata’ dell’evento stragista del 2 agosto, imponendo di fatto una revisione generale del processo.
Inutile, invece, sempre secondo Coppe, insistere su nuovi carotaggi nell’area del cratere dove fu collocato l’ordigno: secondo il perito – tecnico di chiara fama e autorevolezza riconosciuta ovunque nel Paese – i tanti lavori di ristrutturazione e ripristino della pavimentazione della sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna non consentono più di ottenere risultati scientificamente interessanti e validi.
Massimiliano Mazzanti (Dal quotidiano “Il Secolo d’Italia” del 28 febbraio 2019)
(sardegna.admaioramedia.it)