Il giornalista Toni Capuozzo, esperto di terrorismo internazionale, ne è certo: nella rete che ha organizzato l'assalto al Museo del Bardo di Tunisi, che ha causato la morte di 22 turisti, tra i quali alcuni italiani (sul numero preciso non ci sono ancora certezze), ci sarebbe “un detenuto a Macomer e altri tre tunisini e le stesse voci dicono di uno del commando che parlava italiano”.
Il carcere sardo di massima sicurezza è stato chiuso recentemente, ma già un’altra volta balzò agli onori delle cronache legate al terrorismo islamico. Fausto Biloslavo, altro giornalista esperto di Medio Oriente, all’interno di un pezzo che raccontava l’aggressione ad un soldato francese avvenuta a Parigi, scrisse di Raphael Gendron, un informatico francoalgerino, anche lui detenuto per lungo tempo nel carcere di Macomer, dove si racconta inneggiasse ad Allah quando i soldati italiani morivano in Afghanistan. Poi, una volta scarcerato, era partito per la Siria e nell’aprile 2013 era morto combattendo contro le truppe di Assad. Gendron, seppure fosse considerato da molte polizie uno degli intellettuali della cellula islamica in Europa, dopo essere stato arrestato a Bari nel 2009 e condannato in primo grado, fu assolto in Corte d’appello: per l’Italia non era un terrorista. L'accusa iniziale era di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ma poi fu indagato, con un complice, per associazione, addestramento ed arruolamento con finalità di terrorismo internazionale e secondo la Procura di Bari stava organizzando attentati terroristici con l'utilizzo di aerei all’aeroporto di Parigi. Episodi sconcertanti che confermano come le carceri italiane siano diventate un ottimo centro di reclutamento per il terrorismo islamico e come spesso le maglie della giustizia italiana siano troppo larghe.
Tornando a Tunisi, secondo Capuozzo, emerge l’ipotesi “che gli italiani fossero l'obbiettivo dell'attacco al Bardo. Sapevano di nave arrivata, quello tra i terroristi che parlava italiano ha identificato con più facilità i turisti italiani nel Museo. Nel mirino c'è l'impegno italiano in Libia”. Secondo il giornalista, un assalto fatto “con il cappello dell'Isis ma realizzato da Ansar al Sharia”, che rappresenta anche “un attacco al cuore della Tunisia, non solo perché una sola parete divide il Bardo dal Parlamento, ma l'obbiettivo è la fragile democrazia tunisina, unico modello di convivenza tra democrazia e Islam, che deve essere fatto naufragare. Anche sabotando alla base il turismo”.
Inoltre, “le forze dell'ordine tunisine che hanno subito molti lutti nella lotta al terrorismo, stavolta sono in bilico tra inefficienza e sospetti di qualche complicità: c'era una seduta parlamentare, il Bardo, oltre a essere una delle raccolte più grandi di mosaici romani è un must per i turisti. Eppure, il Museo era senza sorveglianza adeguata ed i terroristi erano con divise da militari e sembra che il commando fosse di 8 persone. Due sono state uccise, gli altri sarebbero riusciti a dileguarsi. Se è vero, un disastro totale”. (fm)
(admaioramedia.it)