La notizia è di martedì 21 luglio e arriva direttamente dal poligono Interforze del Salto di Quirra, dove si è tenuta la Conferenza di servizi che ha visto seduti al tavolo il Ministero della Difesa, la Regione Sardegna, le Asl di Cagliari e Lanusei, l’Arpa e l’Ispra e i comuni di Villaputzu e Perdasdefogu per approvare il documento finale sulle analisi di inquinamento nelle aree militari del poligono. Ciò che è emerso in maniera inequivocabile è che non vi è alcun rischio per la salute umana e per l'ambiente nelle aree interessate dalla presenza militare.
Infatti dalla relazione è stata esclusa la presenza di rischio radiologico da uranio e torio nelle aree interessate dal poligono militare. “Non si rilevano livelli di criticità per la salute umana nel poligono interforze del Salto di Quirra” e “i parametri di inquinamento ambientale rientrano nei limiti previsti dalla legge” dichiarano gli esperti presenti. I risultati ottenuti dai campionamenti hanno avvalorato la perizia del tribunale di Lanusei del professor Mariani ovvero che non c’è alcun rischio per la salute umana. Questo rappresenta finalmente uno spartiacque tra le menzogne e le campagne mediatiche scellerate che in maniera estremamente fazioso e ideologico hanno letteralmente buttato fango sul poligono e le ipotesi di disastro ambientale mettendo in ginocchio un intero territorio dal punto di vista economico e sociale e la verità che piano piano sta emergendo. Il grande spazio mediatico dato alle notizie false e tendenziose è stato enorme. Di contro ieri i maggiori giornali e testate online regionali hanno dato uno spazio pari ad un necrologio alla notizia che nel poligono di Quirra non c'è inquinamento e rischio per la salute.
Anche i sindaci con le loro dichiarazioni pubbliche hanno confermato la necessità di un'operazione verità necessaria per riaccreditare un territorio dotato di notevoli aspetti positivi a partire dall'alta qualità della vita e dei suoi prodotti per passare all'alto tasso di longevità dell'area. Ciò che è avvenuto in questi anni e ciò che sta avvenendo anche con Capo Frasca e Decimomannu è frutto di poca serietà da parte dei media e della politica nei confronti di un comparto produttivo altamente utile alla nostra terra. L'industria della Difesa in Sardegna rappresenta infatti una grande realtà produttiva. Del resto i numeri parlano chiaro.
Nella sola Decimomannu e Capo Frasca c'è un ‘sistema’ che riversa su tutto il territorio circostante (Decimomannu, Villasor, San Sperate, Decimoputzu, Uta, Villaspeciosa, Arbus, Assemini, Elmas e altri piccoli comuni) un impatto economico e sociale impressionante. Sono impiegati attualmente 1.200 lavoratori tra militari e civili per oltre 40 milioni di euro di stipendi, operano 80 ditte esterne a vario titolo per altri 800 lavoratori della zona con un volume d’affari di 6 milioni di euro e infine investimenti con contratti centralizzati per oltre 15 milioni di euro. In mancanza di alternative valide e concrete, il mantenimento dell’ attuale impianto economico-lavorativo militare e civile è una priorità delle rappresentanze del personale e una responsabilità politica della Regione degli amministratori locali. Inoltre l’attività di Frasca è strettamente legata all’aeroporto di Decimomannu il quale offe tutto il supporto tecnico-operativo per le varie forze armate e per le ditte specializzate come la società Vitrociset che investe circa 800 milioni di euro all’anno che scelgono Decimo per l’altissima valenza operativa. Nell’aeroporto di Decimo è presente il Servizio meteorologico regionale e l’80° Gruppo elicotteri Sar per il soccorso ai civili e la prevenzione agli incendi in Sardegna. Poi c'è Perdasdefogu, Teulada con le sue brigate, le grandi caserme dell'esercito dislocate a Cagliari e altre zone dell'isola, la Marina militare presente nei nostri porti e le Capitanerie di porto che svolgono compiti di controllo e monitoraggio delle acque e delle coste fondamentale specie in un periodo ‘caldo’ come questo.
Tutte queste realtà impiegano migliaia di Sardi tra militari e civili. Una grandissima realtà economica, quindi, troppo spesso vessata e utilizzata come capro espiatorio di mali commessi da altri. Infatti la presenza dell'industria chimica e petrolchimica nell'isola insieme alle miniere occupano porzioni di territorio notevolmente superiore a quello occupato dai militari che, oltretutto, questi ultimi rendono fruibile alla società civile per la maggior parte del periodo di maggior afflusso turistico per via dell'alto tasso di conservazione di alcune zone e spiagge, salvaguardate dalla speculazione edilizia che negli anni ‘70 e ‘80 ha devastato alcune zone costiere di grande pregio.
Sul tema dei militari purtroppo le posizioni ideologiche di una minoranza della società civile e politica senza un’attenta analisi degli impatti sociali ed economici di una eventuale chiusura dei poligoni e delle basi più in generale sta mettendo a serio rischio un ‘sistema’ che dà lavoro al territorio da mezzo secolo. Il deserto economico della Maddalena insegna che senza un progetto realizzabile e alternativo nel breve periodo non è pensabile chiudere strutture di qualsiasi natura. Inoltre, il degrado delle strutture militari restituite dalla Difesa alla Regione rappresentano un negativo esempio e un funesto segnale che manca un’idea valida che sostituisca ciò che era in passato in maniera da creare lavoro ed economia.
Davanti all'evidenza dei fatti scientifici che dimostrano l'assenza di fattori di rischio radiologico in quelle aree accusate di essere la ‘Chernobyl Sarda’ ora serve chiarezza e verità per ridare dignità ai territori e alle persone che in quei territori vive e lavora. La Difesa è e continua a rappresentare una grande risorsa economico-industriale per la Sardegna che impiega migliaia di sardi e riversa nelle casse dei comuni e della regione sarda milioni di euro ogni anno in termini di indennizzi e di addizionali regionali, comunali e Irap. In una fase di revisione dell’utilizzo di queste strutture è bene valutare in primis il ‘dual use’ con il mondo civile e investimenti che mirano a rilanciare il polo tecnologico e della ricerca scientifica ottimizzando le eccellenze già presenti nel territorio regionale. Servono atti di responsabilità dalla politica regionale che deve capire che la Difesa è un’industria redditizia in Sardegna al pari di altre e in quanto tale necessita della giusta attenzione istituzionale perché da lavoro ai Sardi e crea un indotto difficilmente sostituibile con le sole parole usate spesso senza senso come ‘riconversione’ mai accompagnata da progetti e finanziamenti concreti.
Antonsergio Belfiori – Delegato Nazionale del Cocer Interforze
(admaioramedia.it)
9 Comments
Ugo Puddu
Ugo Puddu liked this on Facebook.
Roberto Magrin
Roberto Magrin liked this on Facebook.
Mario Meloni
Mario Meloni liked this on Facebook.
Michele Urrai
Michele Urrai liked this on Facebook.
Teresina Scalas
Teresina Scalas liked this on Facebook.
Dany Marras
Dany Marras liked this on Facebook.
Antonsergio Belfiori
Antonsergio Belfiori liked this on Facebook.
Salvatore Sasso Deidda
Salvatore Sasso Deidda liked this on Facebook.
Giuseppe Piras
Giuseppe Piras liked this on Facebook.