Prosegue nei centri della Barbagia-Mandrolisai, la battaglia contro il ridimensionamento della rete ospedaliera disegnato nel nuovo piano sanitario regionale. Il provvedimento prevede il declassamento dell’ospedale San Camillo di Sorgono, inquadrato dalla riforma come stabilimento del San Francesco di Nuoro. Tra i tagli contestati figurano quelli legati allo smantellamento dei reparti di chirurgia, medicina e radiologia, ma anche la trasformazione del laboratorio analisi in un semplice centro prelievi. Si teme che non vengano garantiti i livelli essenziali di assistenza per un territorio, già fortemente penalizzato dall’isolamento geografico-orografico. La notevole distanza, che occorre percorrere per raggiungere i principali presidi ospedalieri regionali, crea non pochi disagi alla popolazione zonale, fortemente preoccupata da un diritto alla sanità di fatto negato.
La forbice ai servizi sanitari voluta dalla Giunta Pigliaru suona come assurda per il capoluogo del Mandrolisai: il plesso ospedaliero ha subito di recente dei costosi lavori di ristrutturazione e ampliamento a norma con l’accreditamento istituzionale. Appare surreale il fatto che dopo il dispendio di notevoli risorse pubbliche si decida all’improvviso di far chiudere i battenti, senza poter svolgere un ruolo fondamentale per gli utenti. Oggi si svolge una manifestazione a difesa dei servizi sanitari distrettuali, che vede come promotori amministrazioni comunali del circondario, sindacati, associazioni di volontariato e il Comitato civico per l’ospedale di Sorgono.
“Oltre ai consigli comunali di tutta la zona, saranno presenti anche delle rappresentanze dei comuni dall’alto Barigadu, che da anni vedono nel nostro presidio ospedaliero un importante punto di riferimento – spiega Gianni Arru, sindaco di Sorgono – E’ triste dover constatare il disinteresse dei politici regionali, che non hanno annunciato la loro partecipazione. Mentre noi lotteremmo per una giusta rivendicazione, a Cagliari l’assessore Arru presenterà la riforma. Ci faremmo portatori delle preoccupazioni di un intero territorio, che non può essere privato di quei servizi essenziali per il cittadino. Non chiediamo un ospedale di eccellenza, ma almeno il mantenimento dei reparti fino ad oggi esistenti. Il piano regionale, non tiene conto delle nostre specificità territoriali. Niente dev’essere depotenziato, semmai occorre implementare e migliorare l’esistente. Ritengo opportuno che gli interventi minimi, il pronto soccorso h24, i reparti di medicina e chirurgia, vengano valorizzati e non affossati. La riforma vuole penalizzare le piccole comunità a vantaggio delle grandi città e le motivazioni vanno ricercate anche in quelle strutture come il Mater Olbia, a cui devono essere assicurati pazienti provenienti da tutta la Sardegna.”
“Il depotenziamento – prosegue Arru – si propaga come un virus anche dal punto di vista economico. Se ci si reca per svolgere una visita medica a Cagliari o in un altro grande centro, ai costi del carburante e di un eventuale alloggio vanno sommati quelli del pranzo. Ma d’altronde cosa ci possiamo aspettare dai nostri politici? Loro vivono in un’altra dimensione grazie alle indennità percepite ogni mese. Nel nostro ospedale sono ancora in corso alcuni lavori di ammodernamento. Come intendono giustificare questi interventi edili se vogliono far scomparire il San Camillo?”
Anche Sebastiano Casula, sindaco di Belvì, contesta il declassamento: “I nostri politici devono dirci se intendono farci vivere o a stento sopravvivere. Una mobilitazione giusta e doverosa, anche nel nostro comune è grande l’attenzione verso il tema dei tagli sanitari. Il plesso sorgonese non può finire nel dimenticatoio. E’ giusto che esistano sopratutto un pronto soccorso, posti letto, un laboratorio di analisi efficiente e radiologia. E’ vero che la sanità costa troppo, ma i tagli devono tenere conto delle particolarità delle aree geografiche dove vengono effettuati. Questa riforma dimostra l’esatto contrario.”
Gli fa eco Laila Dearca, primo cittadino di Teti: “Finalmente il nostro territorio si sta svegliando rendendosi conto di quanto sia fondamentale scendere in campo per difendere i propri diritti. La riorganizzazione ospedaliera andrebbe prima discussa con gli amministratori e i cittadini. Gli atti calati dall’alto sono inappropriati. Uno dei problemi principali è quello che quando si tratta delle zone interne si ragiona sempre in termini di numeri: a Sorgono, in caso di assenza di un medico o di un infermiere, sono grandi i disagi legati alle sostituzioni. Settori di vitale importanza, come il Centro di salute mentale, ortopedia, chirurgia, devono essere assolutamente potenziati.”
Giorgio Ignazio Onano
(admaioramedia.it)
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