L’onorevole Ignazio Locci ha fatto bene ad aprire un dibattito sul futuro del centro destra sardo, anche se, forse, rispetto alla sua prospettiva, direi che siamo quasi fuori tempo massimo perché, dopo il referendum del 4 dicembre, il dopo-Pigliaru e già iniziato.
Tanto è vero che qualcuno prefigura una specie di grande sparigliamento del sistema politico regionale a favore di un non meglio precisato programma di quasi-indipendenza sardo-civica (che sarebbe come il famoso quasi-goal, cioè niente), che si proporrebbe agli elettori senza le insegne dei partiti ‘italiani’ ma con un’anima ‘di sinistra’ molto ben individuata. Come se la sinistra, nella storia passata e recente, non rappresentasse l’esatto contrario di ogni sogno o progetto di indipendenza, con o senza trattino.
Rispetto a questo disegno, va da se, il centro destra sardo deve essere altro. E sostenere innanzitutto che i partiti e le culture politiche non sono sigle o contenitori da rottamare o sostituire secondo convenienza, ma visioni del mondo e della società. Poi, come dice anche Locci, è vero che bisogna partire dallo Statuto ma non solo, aggiungerei, affermando che lo vogliamo ‘nuovo’ quanto dicendo ai Sardi cosa ci vogliamo mettere dentro, dal nostro punto di vista. Il dato di partenza è che la Sardegna, più che essere una Regione speciale, è unica, nel senso che è l’unica isola dello Stato lontana più di 300 chilometri dalla terraferma, un dato storico che va saputo leggere soprattutto in prospettiva futura. Lo Stato non lo ha mai fatto e, cosa più grave, non lo hanno fatto nemmeno i Sardi, lasciando che attorno a loro il mondo cambiasse più volte (e molto) con grande rapidità.
Per farla breve, nel nuovo Statuto va scritto di questa unicità insulare (poi le parole si trovano) e individuato un luogo politico e giuridico, potrebbe essere una Conferenza Stato-Regione sarda, in cui materie come entrate, trasporti, sanità, energia ed altre vengono affrontate nel loro divenire e non fissate una volta per sempre o lasciate alla decisione unilaterale dello Stato. Una riforma costituzionale? Se il termine non piace se ne può trovare un altro. Di certo i contenuti non sono fumosi ma, come sappiamo, dannatamente concreti.
Un elettore fiducioso
(admaioramedia.it)