A dispetto dei sovranisti di ogni ordine e grado la Sardegna è Italia anche nei flussi elettorali. Infatti, i risultati dei ballottaggi hanno detto chiaramente che il centro destra ha ritrovato la sua vitalità, che il movimento di Grillo alle amministrative è marginale (e forse ci sarà un effetto trascinamento anche alle politiche), che il centro sinistra unito forse vince ma poi non governa (bene) e se si divide perde. I sovranisti, infine, che in un certo senso potrebbero ambire al ruolo di terza forza da collocare nell’uno o nell’altro campo, sono rimasti come erano (profondamente divisi) con in più la responsabilità di sciogliere davvero, per essere credibili, l’ultimo nodo arrivato al pettine. Cioè, con quale programma chiedere il voto dei Sardi (e poi con quali alleati e con quale leader).
Non certo con la Costituzione sarda evocata da Manichedda, che dovrebbe avere come presupposto politico una via indipendentista ‘alla catalana’ con tutto ciò che consegue, cioè mettersi al di fuori della Costituzione. E nemmeno, molto probabilmente, con una proposta di riforma dello Statuto destinata a fare la fine della riforma costituzionale di Renzi.
Insomma, non è giocando (male) a fare lo Stato che si riesce a fare (bene, anzi meglio) la Regione. Casomai bisogna fare fino in fondo la Regione, negoziando con lo Stato un ‘contratto’ diverso che distingua nettamente le funzioni senza però sollevare il Governo centrale dalle responsabilità nei confronti della sua terra più lontana. Una specie di terza via fra il fondamentalismo di Soru (“Datemi i soldi che faccio da me”) e la tortuosità di Pigliaru (“Chiedere all’Europa che l’Italia riconosca l’insularità della Sardegna”).
SardoSono
(admaioramedia.it)
One Comment
Antonina Foddanu
Perchè in tono dispregiativo ? Semmai ( deo so sardu !)