La politica è “sangue e merda”, diceva l’ex ministro socialista Rino Formica. E il centro sinistra sardo ha deciso di provare a tenersi il sangue, magari andando alla ricerca di una trasfusione, e di lasciare il resto al governatore Francesco Pigliaru. Il quale, mentre attorno a lui sente un vociare indistinto di primarie e primarias, di progressisti e indipendentisti, di sindaci e liste civiche, e soprattutto di candidati-governatori, percepisce l’assordante silenzio degli alleati e, del suo partito, il Partito democratico, che pure ha tentato di difendere praticamente da solo per rispondere alle solite bardane di Soru.
Solo Massimo Zedda ha espresso una puntina di eleganza con una specie di endorsement al contrario, quasi auspicando un pubblico annuncio di Pigliaru di non ricandidarsi, dopo che gli sono state attribuite molte intenzioni, forse per ‘chiamare’ una conferma che però non è mai arrivata. Resta il fatto che il Governatore è del Pd, del quale ha anche la tessera, ma, non ne ha fatto mistero, non gli piace quello che il Pd è diventato nel dopo-Renzi che ancora non c’è e chissà se mai…
Non è solo una questione di stile, che del resto la ruvida definizione di Formica nemmeno contemplava. E’una questione tutta politica, perché se i capi di un esercito destituiscono il comandante in capo e poi vanno dai soldati ‘alla Badoglio’ a dire che la guerra continua, come minimo perdono la fiducia del soldati e dell’ex comandante: quindi i nemici hanno buon gioco e la guerra è persa. E pensare che un grande intellettuale ‘di area’ come lo scomparso Manlio Brigaglia, al momento della designazione di Pigliaru aveva parlato di “un cognome giusto”. Evidentemente, per il Pd, il cognome non è bastato per farsi un nome.
SardoSono
(admaioramedia.it)