La domanda è: ma i Sardi, come cittadini di uno Stato membro della Unione europea e della stessa Ue, hanno diritto a parità di condizioni nel trasporto aereo? Se la risposta è sì, la nuova continuità territoriale da e per la Sardegna che dovrebbe entrare in vigore nella prossima primavera, dopo una gara europea, trasforma la risposta positiva in negativa.
Perché è vero che ci sono più voli e sono più frequenti, ma sparisce ogni collegamento con gli scali diversi da Roma e Milano, se non a prezzo (e che prezzo!) di mercato, e vengono ridotte al minimo le agevolazioni per i non residenti che vengono in Sardegna, compresi i 700.000 emigrati che sardi ‘lo nacquero’ e tali vorrebbero sentirsi quando cercano di fare rientro nella loro terra.
La Regione chiude così con un accordo al ribasso una partita iniziata abbastanza male, dopo essere rimasta ferma per la prima parte della legislatura in attesa (o per paura) della mannaia della Ue sugli aiuti di Stato ed aver tamponato la situazione con una specie di una tantum del Governo Renzi di 30 milioni di euro in più l’anno da qui fino al 2020. Inoltre, il recente tavolo negoziale da cui è scaturito l’accordicchio era composto dalla Direzione concorrenza della Ue (in scadenza, si vota in primavera-estate), dalla Regione (in scadenza, si vota ad inizio 2019) e dai funzionari del Ministero delle Infrastrutture (un Governo appena insediato e con le idee abbastanza confuse). A questo punto tanto valeva far saltare il tavolo, varare una vera continuità per i sardi, ed aspettare tempi migliori in attesa di impostare il confronto daccapo con i nuovi interlocutori. Certamente ci sarebbe stato il rischio di una procedura di infrazione, ma forse valeva la pena.
Anche perché questa volta si è arrivati al tavolo con l’ottimo lavoro di un pool di esperti delle università di Cagliari e Sassari che hanno squadernato una massa imponente di numeri per dimostrare due cose: 1) l’intervento pubblico a favore della Sardegna non danneggia il libero mercato; 2) la continuità minimal che la Ue è riuscita ad imporre non garantisce del tutto ai sardi il diritto alla mobilità ed all’accesso ai servizi essenziali. Insomma, non è (solo) una questione di soldi, ma di applicare anche per i Sardi i principi costituzionali, lo Statuto speciale e gli stessi trattati costitutivi dell’Unione europea. Il problema quindi non è mercatista ma politico. Già, ma la politica dov’era?
SardoSono
(admaioramedia.it)