Se si dovesse provare a fare una lettura in chiave sarda del dopo Casaleggio, forse non si andrebbe tanto lontani da un giudizio simile a quello espresso da “Il Foglio”, che, andando controcorrente, si è chiesto se davvero (con tutto il rispetto) il fondatore del Movimento 5Stelle fosse un personaggio a cavallo fra Cavour e Steve Jobs. O a quello graffiante di Crozza che, facendo una caricatura del Casaleggio ‘visionario’ gli fece dire che “nel 2030, quando saranno spariti i giornali e le ciabatte, saremo tutti più indifesi dalle zanzare”. Commenti a parte, e fino a prova contraria, la presenza grillina è passata con fin troppa leggerezza sulla politica sarda.
Alle Regionali non si sono presentati per una serie di scazzi abbastanza infantili, ai quali perfino Grillo ha messo fine alla sua maniera, con un ‘vaffa’ che ha azzerato tutto. Nelle amministrazioni locali, a cominciare da Porto Torres e Assemini dove governano, non hanno tirato fuori ‘una idea una’, non solo coerente con quanto annunciato in campagna elettorale, ma che rappresentasse un segnale di vero cambiamento. I parlamentari sardi non hanno mai brillato, né per originalità né per i contenuti delle iniziative.
Hanno preso un sacco di voti e continueranno a prenderli anche in Sardegna? Beh, dopo averli visti all’opera gli interrogativi, le perplessità e le riserve superano di gran lunga tutto il resto. In generale, il dato che si nota di più è la distanza dalla realtà sarda, dalla sua storia come dalla sua identità più profonda, insieme alla massima indeterminatezza sulle prospettive che una forza politica dovrebbe comunque essere in grado di indicare, nel campo istituzionale ed autonomistico come in quello economico e sociale. Se questa è la democrazia diretta, tanto evocata dallo scomparso Casaleggio, tanto vale tenerci quella piuttosto scassata che abbiamo. Senza rinunciare a fare di tutto per cambiarla, ovviamente.
SardoSono
(admaioramedia.it)