Torniamo indietro di 15 anni. Nel 2001, il centro sinistra approva con appena 7 voti di maggioranza una riforma del Titolo V° della Costituzione, facendo letteralmente impazzire la ‘maionese’ dei rapporti fra Stato e Regioni e la Corte Costituzionale che deve cercare di renderla commestibile. Nel 2005, la riforma sulla ‘devolution’, approvata dal centro destra, viene azzerata dal referendum confermativo, messo in piedi dai comitati "Difendiamo la Costituzione" guidati da Scalfaro. Arriviamo ai giorni nostri con la riforma costituzionale, voluta da Renzi ma in realtà ispirata dalla maggioranza delle forse politiche e avallata da Napolitano, che sta per essere approvata dal Parlamento; non somiglia per niente a quella del 2001 e molto a quella del 2005, un dettaglio non trascurabile su cui magari si potrà tornare.
Il dato di fondo è un altro: al di là di ‘tagliole’, ‘gamberi’, ‘canguri’, ‘algoritmi’ e ‘fellatio’ che fanno parte del cabotaggio parlamentare, il sovranismo dello Stato ha battuto un colpo che quello regionale, più o meno variegato, è stato costretto ad incassare. Le competenze strategiche come economia, trasporti e reti tecnologiche tornano al centro, il confine fra Stato e Regioni diventa molto più netto e le Regioni che vorranno riconquistarsi spazi di autogoverno potranno farlo solo a colpi di conti in ordine e bilanci ‘in nero’. Non solo. Gli stipendi dei consiglieri regionali tornano sulla terra (dovranno essere pari a quelli dei Sindaci del capoluogo di Regione) ed i Consigli regionali dovranno pure spicciarsi a votare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della riforma le nuove leggi elettorali per l'elezioni dei senatori. E dunque, possiamo dire "passata la riforma, viva la riforma"? E' ancora troppo presto.
In attesa del testo definitivo, sembra che manchino almeno due cosette, che fra l'altro interessano molto da vicino la Sardegna. Primo: il riconoscimento dello svantaggio derivante dall'insularità che, messo in Costituzione, avrebbe prodotto a cascata provvedimenti finalizzati ad annullare progressivamente lo squilibrio. Secondo: la clausola a favore delle Regioni in ritardo di sviluppo (tutto il Mezzogiorno ma anche la Sardegna), perché altrimenti la strettoia dei vincoli di bilancio rischia di allargare ancora la forbice fra Nord e Sud. Infine, ci sarebbe da chiedersi cosa ha prodotto il sovranismo regionale e soprattutto quello nato e cresciuto in Sardegna. Dalla storia dell'Autonomia ad oggi “un nulla impastato col niente”, come dicono in Sicilia con un po’ di autoironia.
SardoSono
(admaioramedia.it)
29 Comments
Tina Brambilla
non e’ vero che si trascuri la Sardegna e’ recente la notizia della imponente esercitazione Nato che si svolgera’ nella ns isola e che le dara’ grande RISONANZA!!!!
Santino Cauli
Indipendenza…..anche la geografia “parla” chiaro su di noi e non solo la storia…dal tempo dei tempi….noi c’eravamo già …eravamo lì. …senza tutti questi governi traditori, falsi e bugiardi ecc. ecc….ci stanno affondando e basta. ….
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