Insomma, i ricchi li schifiamo perché ci colonizzano, i poveri sono cafoni ed è oggettivamente difficile portare in Sardegna turisti italiani e stranieri selezionati in base all’appartenenza a quel ‘ceto medio riflessivo’ che tanto sta a cuore alla sinistra. In attesa dei dati definitivi della stagione, le analisi della meglio società istituzionale, dall’assessore regionale Barbara Argiolas che parla di “punto di non ritorno” all’eurodeputato del Pd Renato Soru secondo il quale “le spiagge si chiudono”, il turismo sardo è arrivato all’Anno Zero e bisogna ripensarlo.
Non si sa come, però. Di certo bisogna fare in fretta perché, paradossalmente, i tempi stringono. La Regione è incartata sui bandi da 40 milioni di euro con i quali si vorrebbe promuovere la Sardegna come destinazione mondiale, appunto, di un turismo ‘intelligente’ che non si accontenta del solo mare di luglio-agosto. Nel mentre, con la stagione estiva ancora agli sgoccioli, si avvicinano a grandi passi i ponti di Natale e Fine Anno, la Bit di Milano, le vacanze pasquali e la prossima estate, con i suoi ‘stress test’ del sistema regionale. Ma dove vogliamo andare a parare se, per fare solo un esempio, se tre alberghi sardi su quattro chiudono a settembre, molti sono stati trasformati in centri di accoglienza per migranti e quasi tutte le strutture ricettive più importanti sono inadeguate rispetto agli standard internazionali?
Il catastrofismo ambientalista, solitamente, non porta buoni consigli e non produce risultati positivi. E francamente questa idea della Sardegna che dovrebbe esporre il ‘tutto esaurito’ respingendo i turisti non ha né capo né coda. Infatti, nessuno se la sogna nemmeno, nel mondo, perché si pensa piuttosto a come e dove potenziare la capacità ricettiva. E un motivo ci sarà.
SardoSono
(admaioramedia.it)