Uno spettro si aggira per l’Europa e purtroppo è la stessa Europa, nella forma sbagliata che ha preso sotto la guida dell’asse franco tedesco e più recentemente con la proposta di bilancio presentata dalla Commissione Juncker per il primo anno post Brexit.
La proposta, come ha già avvertito il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, che ha parlato di una penalizzazione per “il Mezzogiorno e le Isole”, potrebbe abbattersi sulla Sardegna con un taglio di 3/400 milioni di euro derivante dal taglio degli stanziamenti sia dei Fondi di coesione che delle risorse destinate all’agricoltura. Ma non è l’unica nuvola che si affaccia sui cieli dell’Isola, perché altre ricadute negative potrebbero arrivare dal settore agroalimentare, dove l’olio sardo rappresenta un’assoluta eccellenza. In base agli accordi con la Tunisia, che il governatore Francesco Pigliaru ha recentemente salutato con grande enfasi, le esportazioni del prodotto tunisino (il migliore, si fa per dire, costa quasi 1.50 euro/litro in meno del nostro) sono destinate ad aumentare e si sa che, in tempi difficili, il prezzo finisce per battere la qualità.
Perché questi tagli, in un momento in cui, semmai, sarebbe necessario accompagnare la ripresa per renderla magari un po’ più robusta e stabile? Semplice: al netto di risorse non significative per il contrasto alla disoccupazione giovanile, la ricerca e la difesa, sono quasi triplicati i fondi Ue per l’immigrazione ripartiti (non si sa bene in quali quote) fra controllo dei confini ed accoglienza. Su queste basi sarà piuttosto difficile trovare un equilibrio fra i 28 Stati membri. Così come è impostato il bilancio piace molto alla Germania, meno alla Francia, che sente la pressione dei suoi agricoltori, e per niente all’Est Europa (con indici di crescita superiori al 3%) che non vuole caricarsi di migranti nemmeno a costo di perdere soldi.
L’Italia, in parte a causa della transizione politica, risulta non pervenuta ed è comunque un errore, perché comunque lo si voglia vedere il bilancio Ue è un ‘affare corrente’ da tenere sotto controllo. Altrettanto dovrebbe fare la Sardegna, muovendosi nei confronti dello Stato, da sola o (meglio) con altre Regioni. Poi c’è un’altra questione. Qualche giorno fa il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, ha annunciato di voler prendere in mano il problema delle accise sui prodotti petroliferi perché, a suo giudizio, una parte dovrebbe essere trasferita alla Regione. Ha detto di averne parlato anche con il suo conterraneo Mattarella. In Sardegna la cosa è stata lasciata cadere dal duo Pigliaru-Paci, nonostante le insistenze dei Riformatori e del centro destra. Se però la Sicilia parte, sarebbe il caso di non andare a rimorchio.
SardoSono
(admaioramedia.it)