Una mozione non si nega a nessuno, soprattutto in un momento come questo in cui la sinistra cerca di mettere rimedio allo spappolamento della sua coalizione ed allo spopolamento del suo elettorato tradizionale. Ecco perché anche Cagliari si è autoproclamata ‘città antifascista’ con una mozione il cui dispositivo impegna Sindaco e Giunta, appunto, ad inserire nel suo ordinamento qualcosa ‘di sinistra’ che possa rappresentare concretamente la volontà di esibire una sorta di certificato di ‘sana e robusta costituzione’ antifascista.
Fra il dire e il fare, naturalmente, c’è di mezzo il mare. Per questo il documento votato dal Consiglio comunale, in effetti, misura abbastanza le parole. Nel senso che parla del “mantenimento della memoria storica”, di misure particolari che “potranno essere introdotte” nei confronti di organizzazioni che si richiamano al fascismo, attraverso “meccanismi di intervento impeditivo” ove la qualifica di tali organizzazioni risulti da disposizioni “statutarie, attività pregressa o accertata violazione delle leggi in materia”.
Per la verità, quest’ultimo riferimento al Comune come garante dell’applicazione della legge è una assoluta mostruosità giuridica a cui i bravi funzionari del palazzo di via Roma hanno dato il loro contributo, dimenticando che, sulla materia, esiste una produzione legislativa imponente per quantità e qualità. Di fascismo, infatti, si occupano diffusamente la XII° disposizione transitoria della Costituzione, la Legge Scelba del 1952 e la Legge Mancino del 1993, un impianto seguito da una altrettanto corposa giurisprudenza. A cominciare dalla Corte costituzionale con una sentenza del 1957 in qualche modo ‘applicativa’ proprio della legge Scelba. La Corte, presieduta nella circostanza dall’ex capo dello Stato Enrico De Nicola, scrisse fra l’altro che “l’apologia del fascismo, per assumere il carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in un’esaltazione tale da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Ciò significa che deve essere considerata reato non in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione”.
Anche la Corte, in fin dei conti e non da oggi, ha tracciato un solco molto profondo fra il dire e il fare, fra la libera manifestazione del pensiero e la violazione della legge, fra la politica e l’ordinamento penale. Il resto sono ‘mozioni’.
SardoSono
(admaioramedia.it)
2 Comments
Antonina Foddanu
Gli antifascisti sono solo dei criminali travestiti da agnello !
Andrea Lai
Al comune sono fermi a 70 anni fa