SARDEGNA, Gli investimenti del Qatar: solo affari o strategia di infiltrazione finanziaria?

15 Maggio 2016

Nel 2012, i petroldollari del Qatar sono arrivati in Sardegna per acquistare, a nome della Qatar investment authority, quattro hotel a ‘tante stelle’ che il miliardario americano Barrack aveva deciso di cedere: Cala di Volpe, Cervo, Pitrizza e Romazzino. Ma non solo, anche la Marina, il Cantiere di Porto Cervo ed il Pevero golf. In tutto 650 milioni di euro, con l’annuncio di tanti altri soldi per la ‘nuova’ Costa Smeralda impreziosita di ulteriori hotel extralusso. Poi, è stato il turno dell’ex ospedale San Raffaele ad Olbia (oggi si chiama Mater Olbia), acquistato come Qatar Foundation Endowment, che a breve sarà operativo con investimenti promessi a nove zeri, ed ultimo, finora, l’affare Meridiana con la ventilata partnership di Qatar Airways. Acquisizioni nell’Isola che si affiancano alle tante realizzate nel resto d’Italia: Valentino, Pal Zileri, a Firenze (Palazzo della Gherardesca), a Milano (Hotel Gallia e palazzi a Porta Nuova), a Roma (alberghi Excelsior ed Intercontinental) ed altre. I nostri governanti regionali, oltre ad entusiasmarsi per l’arrivo di capitali, si saranno interrogati su chi siano i nuovi acquirenti di pezzi importanti di Sardegna? Sul perché negli ultimi anni ci sia un progressivo incremento di questa intensa strategia di investimenti qatarioti in tutta Italia? Se non l’avessero fatto, un aiuto potrebbe arrivare dalle parole del giornalista Gian Micalessin, che ha scritto il volume “Se il Qatar ci compra”.

“Un paese dal volto suadente – racconta il giornalista – salutato con deferenza ed ammirazione quando investe in Italia ed Europa comprando a suon di miliardi le squadre di calcio più importanti, acquisendo i marchi dell’alta moda, aggiudicandosi il controllo dei più lussuosi hotel a cinque stelle o investendo in palazzi e quartieri che rappresentano il cuore pulsante delle nostre città. Un paese abilissimo a nascondere dietro una facciata sguaiatamente opulenta, una natura integralista ed oscurantista”. Disegnando uno scenario nel quale il movimento politico fondamentalista Fratellanza Musulmana e la tv satellitare Al Jazeera (nata col finanziamento di 137 milioni di dollari dell’emiro Hamad Bin Khalifa al-Thani) sono due strumenti sui quali fa leva “il Qatar per trasformarsi da opulento ma insignificante Emirato in grande potenza regionale”.

Uno stato poco più esteso dell’Abruzzo con circa 270.000 abitanti, ma col reddito pro capite più alto del mondo, che deriva la sua forza, oltre che dal petrolio (una riserva di 5 miliardi di barili, tanto che detiene la presidenza dell’Opec), dalle enormi ricchezze garantite dai giacimenti di metano, che rappresentano la terza riserva mondiale con il 13% del gas del pianeta: “Controlla investimenti internazionali per oltre 130 miliardi di dollari – spiega Micalessin – Il Qatar Investiment Authority, fondo sovrano del paese tra i dodici più ricchi del mondo, dal 2005 ha investito oltre 13 miliardi di euro in Europa, concentrando la sua penetrazione in Francia, Inghilterra ed Italia. Così da far percepire il Qatar come un alleato dell’Occidente, confondendo di fatto liberalità con libertà e ricchezza con democrazia”. Non andrebbe trascurato, però, l’aspetto religioso, infatti la dinastia qatariota degli al-Thani pratica la versione wahabita e salafita dell’islam: “Versione ultra conservatrice, integralista e radicale basata sulla predicazione di un puro monoteismo, pronta a liquidare come infedele o apostata chiunque non ne accetti le regole”. Quindi, “una monarchia assolutista e oscurantista, dove la sharia, la legge Coranica, rappresenta l’unica fonte del diritto, dove non sono tollerati partiti politici e sindacati e dove la gestione del potere è affidata esclusivamente al volere del sovrano, dove la testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo, mentre il consumo di alcol o le relazioni sessuali illecite sono punite con la fustigazione. Senza dimenticare la lapidazione, ancora iscritta in un codice penale che prevede la morte per chi pratica l’omosessualità o abiura l’islam“.

Un fondamentalismo islamico che porta il Qatar ad avere contatti inquietanti con alcuni gruppi terroristici, così da rendere sospetta la strategia di infiltrazione finanziaria che in Italia è cresciuta soprattutto durante il Governo Monti. Il Presidente tecnico, infatti, nell’autunno 2012, si fece promotore degli investimenti della Qatar Investiment Authority, sempre più simili ad una lenta ma inesorabile penetrazione nella società italiana (oltre che europea), utile ad allontanare l’immagine di paese integralista. Una strategia in perfetta linea con un sermone fatto anni fa, proprio in Qatar, dal leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf al-Qaradawi: “Se Dio lo vuole, la prossima conquista avverrà grazie alla predicazione e all’ideologia. Non è assolutamente obbligatorio che avvenga grazie alla spada”. Ed infatti la Qatar Charity Foundation (organizzazione di assistenza islamica) dedica importanti finanziamenti alla costruzione di moschee: “Nel 2013 – ricorda Micalessin – un piano di investimenti di circa 2.5 milioni di euro per quattro moschee in Sicilia. Poi, quest’anno 5 milioni pet Bergamo, solo un quinto dei 25 milioni trasferiti in Italia per realizzare 33 nuovi centri islamici”. Un piano che, considerati gli investimenti, presto riguarderà anche la Sardegna. Resta, come un pesante monito, la sospettata attività di finanziamento di gruppi terroristici islamici (si è parlato di Syrian Islamic Front, gruppo d’opposizione siriana d’ispirazione jihadista, delle armate islamiche nel Mali, in Sudan, ed addirittura di Bin Laden), che però non sembra imbarazzare i politici nazionali e locali che continuano a trafficare senza scrupoli col Qatar.