Il Ministero dell’Istruzione ha certificato in Sardegna 1.078 casi di dislessia su una popolazione scolastica di circa 180mila ragazzi, ma secondo gli esperti del settore il fenomeno potrebbe essere sottostimato per la mancanza di un’adeguata attività di screening e di un percorso diagnostico diffuso nel territorio. E’ la tesi che i rappresentanti dell’associazione “Neuropsicopedagogia”, Gianluigi Lilliu e Donatella Petretto, hanno esposto alla Commissione Sanità del Consiglio regionale impegnata nell’esame del Testo unico sulla Dislessia. “Le statistiche internazionali dicono che il fenomeno colpisce circa il 5% della popolazione in età scolare – ha spiegato Lilliu – Se questo è vero, i ragazzi sardi dislessici potrebbero essere circa 9.000. I dati ufficiali del Miur limitano il problema allo 0,6% degli studenti isolani, un risultato troppo basso, ben al di sotto della media nazionale ed europea”.
L’Associazione ha suggerito un potenziamento delle attività di screening ed il rafforzamento della collaborazione tra le famiglie, il corpo docente e i professionisti: “La proposta di legge introduce elementi innovativi rispetto all’attuale normativa nazionale – ha detto Petretto – Tra questi, l’attenzione per i disturbi di apprendimento tra gli adulti e la previsione di un supporto ai dislessici in ambito lavorativo e nei concorsi pubblici”. “Neuropsicopedagogia” ha proposto tre correttivi alla legge: l’adeguamento dei riferimenti normativi agli ultimi criteri diagnostici e ai disciplinari internazionali; l’incentivazione del rapporto pubblico privato che consenta alle famiglie di ottenere una diagnosi precoce e un tempestivo piano d’intervento; l’individuazione di percorsi personalizzati.
Sul tema, la Quinta Commissione ha sentito anche il neuropsichiatra Carlo Gianchetti, che ha indicato come problema fondamentale quello della diagnosi precoce: “I bambini dislessici hanno spesso un’intelligenza superiore alla media – ha detto l’ex professore dell’Università di Cagliari – se il loro disturbo viene certificato subito si possono individuare i rimedi. Per questo è necessario coinvolgere gli insegnanti in una capillare attività di screening. Basta far leggere i bambini ad alta voce per capire se il problema esiste. Successivamente spetterà ai professionisti intervenire per una diagnosi precisa”. (red)
(admaioramedia.it)
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