L’intervento del ministro della Salute Lorenzin, che ha ribadito che la Regione Sardegna non si è adeguata alle norme sui compensi per i direttori generali delle aziende sanitarie (il dg Ats Moirano guadagnerà 240mila euro, ben oltre il tetto stabilito a livello nazionale di 155mila) e la risposta piccata dell’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru (“Le risorse per il nostro sistema sanitario, stipendi compresi, sono a carico della Regione e certamente non del Governo nazionale”), hanno alimentato la polemica sugli ‘stipendi d’oro’ dei manager della sanità sarda, nata dopo l’interpellanza di Roberto Capelli, deputato del Centro democratico.
“Grazie agli strumenti offerti dall’Autonomia, nella passata Legislatura abbiamo tagliato i compensi di presidente, assessori, consiglieri, componenti di consigli di amministrazione, abbiamo eliminato i vitalizi, cancellato i fondi dei gruppi, tagliato le missioni, le indennità e le consulenze – ha ricordato l’ex governatore Ugo Cappellacci – E’ triste che oggi l’Autonomia, rinnegata dai baroni di villa Devoto per tutto il resto, venga invocata solo per difendere un privilegio ingiusto ed illegittimo, con una contraddizione enorme tra l’immagine dei professori rigorosi e la triste realtà dei tecnici diventati politicanti, che difendono i compensi dei loro fedeli nominati”.
“La carica autonomista e indipendentista di questo esecutivo regionale – ha aggiunto il Coordinatore regionale di Forza Italia – non viene espressa nella difesa dei diritti dei sardi, nel perseguimento di nuovi riconoscimenti per l’isola, come la zona franca, ma nell’egoistica difesa della propria cerchia. E hanno pure l’ardire di sostenere che sono soldi della Regione, non dello Stato. Non sono forse soldi versati dai cittadini, cui nel 2014 hanno aumentato l’Irap, che noi avevamo ridotto del 70%, e contro i quali hanno tentato un’altra ‘i-rapina’ e un aumento dell’Irpef poco tempo dopo “perché bisogna coprire il disavanzo della sanità”? Una giunta di stipendentisti e di sofanisti, perché dediti all’occupazione di poltrone e divani”.
All’attacco della Giunta regionale, anche Paolo Zedda, consigliere regionale dei RossoMori, partito che recentemente è uscito dalla maggioranza di centrosinistra che sostiene Pigliaru: “Uno scollamento sempre più profondo tra politica e società. Non è infatti politicamente sostenibile, né eticamente e moralmente accettabile che, mentre assistiamo quasi impotenti dinnanzi ad una domanda di salute largamente disattesa, mentre cerchiamo di ridurre i costi con accentramenti delle strutture e con un progressivo svuotamento dei presidi sanitari minimi nei piccoli centri nonostante il bilancio regionale sia impegnato per il 50% sul versante sanitario, ci permettiamo anche il lusso di prevedere il compenso più alto d’Italia per il supermanager. Dobbiamo dimostrare, in tema di capacità di governo, di essere non più furbi degli altri ma più bravi. Venga subito messa all’ordine del giorno la nostra proposta sulla trasparenza delle nomine regionali con la quale magari avremmo evitato questa pessima figura”.
Per il capogruppo consiliare dei Riformatori, Attilio Dedoni, “le giustificazioni dell’assessore Arru hanno dell’incredibile. Prima hanno deciso di dare all’Ats una struttura fotocopia di quella delle vecchie Asl, creando un carrozzone che replica i difetti delle vecchie aziende estendendoli su scala regionale, poi hanno deciso di propria iniziativa, poiché quella creata è una delle aziende sanitarie più grandi in Italia e quindi implica un carico di lavoro eccezionalmente gravoso, di aumentare i compensi dei dirigenti oltre i limiti previsti dalle norme nazionali, incrementati di pari passo con quelli del direttore generale. Mentre i dirigenti percepiscono stipendi che non hanno uguali su scala nazionale, si dice ai sardi che per ridurre i costi della sanità è necessario tagliare l’assistenza ospedaliera, a partire dai territori più periferici e disagiati”. (red)
(admaioramedia.it)