Il lavoro di illustratore costituì un aspetto fondamentale della produzione di Mario Sironi, che è stato uno dei più grandi disegnatori politici. Per oltre venti anni, a partire dal 1921, l’artista collaborò con il quotidiano “Il Popolo d’Italia”, l’organo di stampa ufficiale del Partito fascista, con una grande quantità di copertine, disegni e immagini. Fu un impegno talmente forte, soprattutto nei primi anni, da fargli mettere in secondo piano la produzione pittorica.
A quel lungo periodo la Galleria Russo di Roma dedica, dal 6 al 27 febbraio, la mostra che segue di poche settimane quella più ampia e corposa allestita sullo stesso argomento nei Musei di Villa Torlonia, sempre per la cura di Fabio Benzi. La mostra di Villa Torlonia si era conclusa, ma il numero di visitatori è stato così cospicuo e costante durante tutta la durata dell’esposizione, da suggerire ai curatori l’idea di protrarla in un’altra sede. E’ l’occasione per constatare la genialità con cui Sironi si avvicinò a questa nuova forma di comunicazione di massa, intuendone da subito l’influenza e l’efficacia. I suoi lavori grande peso ebbero sul sistema della propaganda del Regime e nella costruzione del consenso. Le 120 opere in esposizione – disegni in bianco e nero e a colori, caricature, bozzetti – erano destinate al giornale e alla rete di pubblicazioni che vi ruotavano intorno. Ecco, quindi, i disegni per il settimanale “Domando la parola! Il Lunedì del Popolo d’Italia”, “La Rivista illustrata del Popolo d’Italia” e l'”Almanacco enciclopedico del Popolo d’Italia”, ma anche il nucleo di disegni eseguiti per i bassorilievi destinati alla facciata e all’atrio della nuova sede, a Milano, del “Popolo d’Italia” che l’architetto Giovanni Muzio aveva progettato nel 1938.
L’insieme di opere dimostra – sottolinea Benzi – «quanto la formazione avanguardistica di Sironi prevedesse l’impegno politico nell’attualità come elemento imprescindibile della sua concezione estetica». Per il mensile “Gerarchia”, la severa e curata rivista della vita fascista, su cui scrivono gli uomini più significativi del Regime, Sironi disegnò quasi tutte le copertine e varie illustrazioni scegliendo i soggetti – archi enormi, montagne maestose, vittorie alate, Italie turrite e legionari costruiti come statue di pietra – in un repertorio di riferimenti iconografici imperiali. Già nel 1993, presentando la grande rassegna sull’artista allestita dalla Galleria nazionale d’Arte moderna, Fabio Benzi osservava: «Sironi non adatta forme pittoriche alle illustrazioni ma elabora linguaggi strettamente illustrativi adattandoli e modificandoli a seconda della natura tipografica delle testate dando così un contributo specifico enorme non solo all’illustrazione come medium artistico ma anche alla costituenda immagine del Fascismo».
Le illustrazioni di Sironi, con la loro ironia sferzante, prendono di mira soggetti esclusivamente politici come i partiti avversari, la vecchia classe di governo liberale, la stampa governativa, le ricche democrazie dell’America, della Francia e dell’Inghilterra e il comunismo russo. Ecco allora che la pagina sironiana si popola di personaggi, temi e situazioni che caratterizzano un’epoca complessa come quella fascista. Il Partito socialista è raffigurato da un berretto frigio e chiamato in modo spregiativo 'pus'. L’attacco al Partito popolare si concentra su don Sturzo, raffigurato come "orrifico e cinico profittatore", mentre Lenin assume la fisionomia "di un tiranno orientale fastoso e crudele". Da Picasso a Gianni Rodari, furono davvero tanti gli artisti ed i personaggi della cultura italiana che riconobbero la grandiosità di Mario Sironi, nato a Sassari nel 1885 e morto a Milano nel 1961. Ma, come sappiamo, c’è voluto del tempo perché venisse collocato tra i grandi del ‘900. Ricordiamo la mostra romana del 2014 curata da Elena Pontiggia che rese finalmente un grande, completo omaggio al geniale artista fascista.
Guglielmo Federici (dal "Secolo d'Italia" del 5 febbraio 2016)
(admaioramedia.it)
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Martino Ollano
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