In questi giorni si sta scrivendo una delle pagine più brutte della storia pastorale sarda. Fiumi di latte scorrono nelle strade. Fiumi di lacrime scorrono negli occhi dei pastori.
Quel gesto forte di riversare a terra il latte è un gesto contro natura per ogni allevatore, è un gesto che va contro i loro valori, è un gesto estremo al quale hanno deciso di ricorrere affinché nessuno possa calpestare più la loro dignità. Per tutti coloro che dicono che buttare il latte è uno spreco, voglio dire che hanno ragione, è vero, lo è, ma non esistono altre soluzioni. Infatti, non è possibile non mungere le pecore, se non le mungi, tutti i giorni, vanno incontro a gravi infiammazioni e infezioni mammarie (mastiti) che possono portare alla morte dell’animale; trasformarlo in formaggio, non è possibile, non è legale, per poterlo fare la legge richiede un caseificio autorizzato. Regalarlo? Perfetto, ma a chi? Il latte di pecora è molto più grasso e indigeribile di quello di vacca, il suo sapore forte, non viene usato come latte da consumare tale e quale. Pertanto anche se indignati per lo spreco, tutti noi dovremmo unirci alla loro protesta, perché la pastorizia e il suo indotto, è stata in passato, ed è tuttora il settore trainante dell’economia della nostra Isola.
Se muore la campagna, se muore il pastore, moriamo tutti. Si blocca l’economia e qualsiasi settore ne risente. Da dove nasce la protesta? Nasce dal prezzo del latte, attualmente troppo basso anche per garantire il sostentamento degli animali. Cercherò di fare un po’ di chiarezza sulla questione. La filiera del latte parte dal pastore, che è il produttore, il quale lo conferisce al caseificio, il quale si occupa della trasformazione in formaggio e della sua commercializzazione. Produrre il latte per il pastore ha un costo, le pecore mangiano, il costo di una razione ben fatta, si aggira intorno ai 0,65 centesimi a capo al giorno, comunemente si crede che gli ovini si cibino di erba spontanea, in realtà non è vero. Le pecore mangiano l’erba, questo è vero, ma non è erba spontanea, vengono arati i terreni, con conseguenti costi di gasolio, vengono seminati i campi con conseguente costo di acquisto sementi, in alcuni casi per alcune colture è necessaria anche l’irrigazione, ma oltre all’erba la pecora mangia il mangime, circa 500-700 grammi al giorno, con un costo al quintale di circa 35 euro, e non basta questo, la pecora ha anche bisogno di fieno. Le norme sul benessere animale prevedono che abbiano una lettiera asciutta e pulita nella quale potersi coricare.
Capisci bene che non è possibile rientrare in tutte queste spese se il latte viene pagato meno di quanto costa produrlo. Per tanti anni hanno resistito, con i capitali messi da parte, per tanti anni hanno creduto alle promesse che venivano fatte. Ma adesso non è più tempo di credere, adesso è il momento di agire nella speranza che il sacrificio degli umili possa indirizzare i potenti verso scelte consapevoli.
Giorgia Pintus – Veterinario
(admaioramedia.it)