Questa mattina, le improvvise dimissioni dell’assessore regionale delle Riforme e del Personale, Gianmario Demuro, senza alcuna motivazione ufficiale. Seppure, è certo che esista una sua lettera, che però non è stata diffusa. E’ intervenuto, invece, il presidente Pigliaru che ha raccontato come Demuro gli avesse espresso già da mesi “l’intenzione di tornare al suo lavoro in Università” e di aver concordato che sarebbe restato in Giunta “sino all’accordo sul rinnovo contrattuale dei regionali, al piano di reclutamento e al referendum costituzionale”.
Quindi, secondo Pigliaru che ha espresso i ringraziamenti di rito (“per il lavoro svolto con dedizione, competenza e straordinaria lealtà”), tutto previsto, niente di anomalo. Difficilmente potrà essere annoverato tra gli eventi previsti l’abbandono della Giunta da parte dell’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, che domattina verrà annunciata dal partito che l’aveva designata, i RossoMori, e che ha deciso di uscire dalla maggioranza, dopo essersi pronunciati per il ‘no’ alla riforma costituzionale renziana.
Proprio lunedì, il consigliere regionale Paolo Zedda aveva commentato l’esito del referendum con parole abbastanza chiare sul futuro del suo partito all’interno del centrosinistra: “In Sardegna, le dimensioni e i caratteri del voto assumono, per la loro straordinarietà, i contorni di uno tsunami politico la cui dirompenza resta ancora molto difficile da prevedere, anche per gli addetti ai lavori. Il no sardo è, ancora, una presa di distanza dal triste spettacolo delle passerelle ministeriali e della mesta subalternità delle loro propaggini locali. Bisognerà ripartire per aprire una nuova fase politica che interpreti il risultato delle urne verso la riscrittura di una nuova Carta costituzionale sarda che sostanzi in un progetto di futuro la specificità linguistica, culturale, storica e geografica della Sardegna”. (red)
(admaioramedia.it)