Domenica mattina, durante la seduta solenne del Consiglio regionale, è stata celebrata Sa Die de sa Sardigna. In apertura, il presidente Michele Pais, ha ricordato la figura dell’ex presidente del Consiglio, Salvatorangelo Mereu, recentemente scomparso.
Il varo della legge, che 27 anni or sono istituì Sa Die per ricordare l’insurrezione popolare che portò alla cacciata dei piemontesi dalla Sardegna, secondo Pais «segnò l’avvio di una stagione politica più attenta al temi dell’identità e delle piccole patrie» ed ora è necessario restituire alla giornata il suo significato originario per «riflettere sul momento storico che attraversiamo, sulle nostre istituzioni autonomistiche e sul nostro essere sardi oggi». Temi alti, al pari di quelli al centro di festività come quella della Repubblica, dell’indipendenza degli Stati Uniti e dei grandi eventi che scandiscono la storia della Sardegna: Sant’Efisio di Cagliari, l’Ardia di Sedilo, i Candelieri di Sassari, il Carnevale barbaricino. Temi «da non poter essere confinati in un freddo calcolo ragionieristico sui costi per l’apertura del Palazzo, perché oggi la cosa più importante è essere qui».
Citando il memoriale di Giovanni Maria Angioy, il Presidente ha parlato dell’Isola come terra che ha tutto il necessario per il benessere dei suoi abitanti e quindi, se ben amministrata, «sarebbe uno degli Stati più ricchi d’Europa». Una «nazione protagonista», secondo la definizione di Giovanni Lilliu, che a giudizio del presidente Pais deve riprendere, partendo dai moti del 1794, a ragionare sulla necessità di una «saldatura perfetta fra città e campagna, del rilancio dei piccoli paesi, di un nuovo rapporto fra Regione ed Enti locali capace di dare gambe al decentramento amministrativo, superando il concetto di periferia anche attraverso una riforma del sistema di enti ed agenzie regionali concretizzata nel trasferimento di alcuni snodi decisionali in aree marginali». Rispetto ai rapporti con lo Stato centrale, «che hanno toccato in questi anni il punto più basso», Pais ha auspicato una mobilitazione ampia della politica «senza distinzioni di schieramento per fare fronte comune in difesa dell’interesse supremo della Sardegna, cominciando con l’attuazione di tutte le prerogative dello Statuto di Autonomia. Bisogna però andare oltre ed immaginare una radicale riforma del nostro istituto autonomistico, pensando ad un intervento innovativo sullo stesso Statuto che abbia come riferimento il Trentino-Alto Adige che, negli anni, è riuscito a dare forma compiuta al principio di autodeterminazione».
In conclusione, il Presidente del Consiglio si è rivolto ai giovani sardi esprimendo l’auspicio che tornino ad essere protagonisti del futuro della Sardegna, conoscendo il mondo e facendo esperienza «ma rivendicando con orgoglio e fierezza il loro senso di appartenenza», ed ha fatto appello ai Sardi alla presa di coscienza del proprio passato che, come insegna l’antropologo Bachisio Bandinu, «è la base sulla quale costruire una nuova scena politica ed economica, sociale e culturale per procedere dalla sfiducia alla stima di sé, dal risentimento ossessivo alla proposta costruttiva, dal fatalismo alla progettualità». (red)
(sardegna.admaioramedia.it)