In Sardegna il Comitato a favore del referendum è ancora ampio. Sino a qualche mese fa tutto il Consiglio regionale era schierato per il sì al blocco del rinnovo delle concessioni di coltivazione di idrocarburi. Oggi, grazie a una complessa ma fondamentale campagna di informazione che si sta portando avanti attraverso il web, si contano però alcuni rappresentanti politici che hanno deciso di non appiattirsi sulla posizione ideologica del sì. È importante infatti spiegare cosa significhi il quesito su cui il comitato a favore del referendum sta mobilitando le proprie forze. A due settimane dal voto, ci si interroga su cosa succederà se non venisse raggiunto il quorum o se prevalessero i sì. Questo è stato ben chiarito più volte dal Comitato Ottimisti e Razionali.
Dobbiamo pertanto informare i cittadini sul perché non andremo a votare. Un’astensione convinta, realmente democratica. Certo, decidere di votare no sarebbe stata una presa di posizione ancora più chiara, ma non si farebbe altro che agevolare coloro che hanno promosso questo referendum, mentre noi ci auguriamo che il quorum non venga raggiunto e che si possa quindi prolungare il periodo di attività delle trivellazioni. In un mondo che corre, si prova per l’ennesima volta a mettere i bastoni tra le ruote alla ricerca di risorse energetiche in nome di un ambientalismo per certi versi ideologico e dannoso per la nostra società. Tra l’altro, il referendum in questione non mette in discussione le piattaforme di trivellazione esistenti, ma si limita a bloccare il rinnovo delle concessioni. Ovvero, ci sarebbe ancora da estrarre, ma noi lo impediremmo. E impedendo questo, comprometteremmo tutto il sistema che ruota attorno alle trivelle, mettendo a rischio i lavoratori collegati all’indotto e ai settori connessi.
L’indipendenza energetica e l’occupazione sono quindi due aspetti importanti, ma non sufficienti a spiegare in toto il perché dell’astensione. Infatti, probabilmente nessuna nazione sarà mai totalmente indipendente da altri Stati sul fronte dell’energia. Inoltre, conteggiare in maniera precisa il numero degli occupati che verrebbero lasciati a casa (e sarebbero molti) in caso di vittoria del sì è compito arduo. Ma c’è un altro aspetto, che è più politico-ideologico, legato al contrasto al fronte Ninmy, Not in my backyard, non nel mio giardino di casa. Spiegare le motivazioni dell’astensione significa anche affrontare di petto la solita polemica legata alle paure, spesso gonfiate e immotivate. È necessario ci sia una politica che abbia il coraggio di decidere senza cascare nel facile populismo. Non è ammissibile che chi ha il compito di governare e rappresentare la propria comunità ragioni mediante tattiche che portano solo ed esclusivamente a risultati nel breve periodo, in assenza di una seria e precisa programmazione. Promuovere l’astensione al referendum, anche in Sardegna, significa prendere una posizione apparentemente difficile, ma coraggiosa e indispensabile. Sia per l’Italia che per la politica tutta.
Michele Pisano – Comitato Non Voto
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