Dopo la netta sconfitta del ‘sì’ al referendum sulla riforma costituzionale del Governo Renzi, pubblicamente sostenuto dal presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che ha visto la Sardegna primeggiare in Italia con un 72,22% degli elettori che hanno votato ‘no’, l’opposizione di centrodestra ha chiamato in causa proprio il Governatore chiedendone le dimissioni.
Ma Pigliaru ha precisato che si è trattato di un “voto su una proposta del Governo per riformare alcune parti della Costituzione. Una proposta che ho condiviso perché ritengo che avrebbe semplificato il sistema Italia e non avrebbe messo a rischio la nostra autonomia. Altri nella mia stessa Giunta e nella nostra coalizione avevano un’opinione diversa dalla mia”. Seppure, ha aggiunto, di aver preso atto del risultato negativo, “che rivela anche un malcontento diffuso e la domanda di azioni più incisive per migliorare la vita delle persone. Molte riforme importanti, attese da anni, le abbiamo fatte. Altre dovranno essere adottate al più presto. Servono decisioni immediate e profonde a cui lavorerò con la mia maggioranza sin dai prossimi giorni”.
Dal palazzo del Consiglio regionale arriva il commento del presidente Ganau: “È un risultato clamoroso che certifica la grandissima partecipazione al voto, senza dubbio un buon segno per la nostra democrazia, la partecipazione è sempre positiva. Il risultato è inequivocabile e in Sardegna ha influito molto la preoccupazione per una presunta limitazione dell’autonomia, anzi addirittura per una cancellazione dell’autonomia come è stata ventilata, ipotesi che nei fatti non è mai esistita. Il referendum è stato proposto dal Governo e votato dal Parlamento, credo che il risultato in Sardegna non comporti cambiamenti negli assetti attuali, se non in termini di rafforzamento della squadra di governo, intervento già programmato per il rilancio dell’azione della Giunta”.
Più politica la lettura del risultato da parte dell’assessore dei Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, che nell’affermazione del ‘no’ vede la conferma di uno spazio politico “per l’affermazione dell’indipendentismo democratico, europeista e pluralista”, così da costruire uno “scenario politico diverso rispetto allo schema italiano. Il Partito dei Sardi da tempo chiama questo spazio il luogo di costruzione di una grande forza politica plurale che chiamiamo Partito della Nazione Sarda”. Quindi, un messaggio diretto al Partito democratico sardo: “Ha perso e non può che abbandonare definitivamente l’idea di governare egemonizzando lo Stato, deve obbligatoriamente riprendere le sue tradizioni e vocazioni libertarie e socialiste, deve rompere la sua subordinazione culturale al neoliberismo temperato che ha egemonizzato il ceto degli alti burocrati italiani, le aule universitarie e i giornali cosiddetti progressisti. Un Pd che si dovesse riscoprire socialista e il più possibile indipendentista, sarebbe di grande aiuto per scuotere e rinnovare la Sardegna e renderla più sovrana”. (red)
(admaioramedia.it)
One Comment
Luciano Carta
Oggi è una giornata speciale, i sardi si sono riappropriati della libertà di decidere, della loro autonomia, di votare con la loro testa nonostante condizionamenti e falsità !!!
Non siamo colonia, non subiamo supini diktat e editti da governatoruncoli e s’ indaci che invece di fare l’ interesse dei sardi fanno i lacchè di Roma !!!
Una parte di cittadini ha votato, anche, contro la politica sanitaria messa in campo da Arru & C., spacciando una vergognosa operazione di potere per una riforma fatta per i cittadini.
Adesso fuori Pigliaru – Arru – Moirano e & C.
La Sardegna ai sardi !!!
Fuori i clandestini !