Attualmente sono all’esame del Consiglio regionale alcune proposte di legge sul turismo, due riguardano una legge quadro, altre temi particolari tra cui l’agriturismo, l’escursionismo, il golf, le marine. Tutte contengono delle premesse generali sull’importanza del settore che possono andar benissimo, sono largamente condivisibili. Quasi sempre sono cose già dette e ridette, però è giusto che facciano parte di una legge quadro su questa materia. In gran parte sono dedicate alla normativa, alla classificazione degli esercizi ed alle regole, certamente importanti.
Il progetto più ampio e completo – forse un po’ eccessivo, anche per il linguaggio usato, però certamente apprezzabile per buona volontà e impegno – è quello del Pd. Però, quanto proposto non sembra che sviluppi adeguatamente l’aspetto più importante e basilare, cioè l’organizzazione esecutiva delle risorse e la valorizzazione, promozione e informazione. Vanno bene il Piano strategico regionale del turismo, i concetti di partenariato con relativo coordinamento, la valorizzazione dei territori, l’Osservatorio regionale ed il Portale regionale del Turismo, istituiti presso l’Assessorato, ma andrebbe specificato più decisamente che le scelte per lo sviluppo del settore debbono essere preminenti su altri aspetti. Dovrebbe essere ben chiaro che il turismo è importante perché è il settore – uno dei settori, ma certamente più di tanti altri – che può effettivamente contribuire alla crescita della Sardegna sia per gli aspetti economici (aumento della ricchezza, aumento del Pil, aumento dell’occupazione) che per quelli sociali e culturali. Lo si è definito ‘il nostro petrolio’.
Non si deve guardare a questo settore pensando alle ‘proprie vacanze’, ma con una concezione di tipo industriale (razionale e produttiva). Il problema del turismo in Sardegna è soprattutto organizzativo. Abbiamo un immenso patrimonio e non sappiamo valorizzarlo. Come detto, bisogna adottare un’impostazione razionale: esiste un certo prodotto e bisogna proporlo al pubblico scegliendo i canali e strumenti più idonei. E’ un problema di capacità commerciale, che significa anche progettazione, studio, individuazione dei canali corretti, in una parola sola: fare. Finora non si è fatto e, oltre agli Enti preposti, neppure gli operatori più direttamente interessati si sono impegnati abbastanza e proficuamente. Basta considerare gli indici già visti di concentrazione dell’attività e dell’utilizzazione degli impianti. Non si possono conoscere i dati di ogni singola azienda o gruppo, solo quelli generali della località, ma è facile supporre che non siano molto diversi. Tutto questo non risulta nella proposta di legge. Si pone la necessità di uno strumento operativo: in passato esisteva un Ente, l’Esit, che è stato fondamentale per la creazione del turismo in Sardegna, ma non lo si è saputo aggiornare e lo si è eliminato senza sostituirlo adeguatamente. O meglio, è stata creata un’Agenzia per la Promozione, ottima idea, gestita male, che non ha portato alcun risultato concreto e si è dissolta nel nulla.
Attualmente non è ben chiaro come si operi: l’Assessore è un docente universitario, specialista di marketing del turismo e dovrebbe avere una valida conoscenza della materia ma non si capisce quali siano le sue possibilità operative considerando le risorse disponibili e forse l’insufficiente autorevolezza non del Professore ma dell’Assessorato. Cioè non ha l’autorità per sovrintendere e creare un organizzazione anche dove le competenze sono di altri Assessorati: Programmazione e Bilancio, Cultura, Agricoltura, Urbanistica, Trasporti, Lavoro. L’Assessore fa diverse apprezzabili proposte ma l’impressione è che siano prevalentemente teoriche, con insufficienti riscontri con la realtà. Finora si è pensato quasi esclusivamente a fare progetti, spesso eccellenti, che però non sembrano adeguatamente dimensionati. Per entrare nel merito, i cammini religiosi (e i cammini in generale) vengono ritenuti una delle possibilità di maggior interesse e prospettiva. Ma è difficile, se non impossibile, parlare di numeri certi, e cioè di quante persone possono parteciparvi e di quale apporto possano dare all’economia turistica e sociale.
Circa la Festa di Sant’Efisio, forse la più importante di Cagliari e dell’intera Sardegna, dalle statistiche sulle presenze negli esercizi ricettivi risulta che i turisti – e cioè i partecipanti non cagliaritani e non sardi – sono una piccola quantità (poco più di un terzo dei posti letto disponibili vengono occupati). Altro esempio, la manifestazione Autunno in Barbagia: una bellissima serie di appuntamenti molto frequentati dai sardi, ma non da turisti veri e propri. Certo vi è un beneficio per i paesi e i suoi abitanti ma non si parli di successo turistico. E che dire di Monumenti Aperti o della Sartiglia o dei Giganti di Mont’e Prama e dei visitatori ai Musei di Cagliari o di Cabras: vengono annunciate grandi cifre ma sembra che lo siano solo in un’ottica locale, strapaesana. La pubblicità che si fa è adeguata? In alcuni settimanali appare un inserzione sui Giganti, è sufficiente? Va bene ripetere sempre lo stesso testo? Si parla di eventi e il discorso è lo stesso: il Rally automobilistico di Alghero – che costa una cifra considerevole ma si minaccia di eliminarlo se non la si aumenta – quanto vale, quali sono i risultati? Cosa significa che porta l’immagine della Sardegna in tutto il mondo se poi i turisti vengono in quantità quasi ridicola? C’è il golf, non solo uno sport ma un’importante occasione di sviluppo turistico: però non viene preso in considerazione dall’Assessore né da enti e operatori del settore.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)