E’ urgente e necessario un proficuo lavoro per mettere finalmente mano alle tante inefficienze del sistema sanitario regionale. Tanto più biasimevoli perché subite da chi è reso fragile dallo stato di malattia e per giunta, isolato dal resto dell’Italia, non ha possibilità di scelte alternative. Non se ne può più delle lunghe liste d’attesa, spesso incompatibili con i rischi connaturati alla patologia o del costo sempre più elevato dei ticket.
Nel frattempo, i Sardi hanno smesso di fidarsi del sistema sanitario: sette su dieci si dichiarano insoddisfatti della offerta di salute e due su dieci rinunciano del tutto alle cure. Una sanità percepita troppo burocratica, ottusa e respingente, lontana dai bisogni reali dei malati che deve assolutamente ritrovare la sua dimensione più accudente e umana. Forse è proprio il modo di pensarla, questa sanità, che occorre cambiare. Ricorrendo anche a soluzioni del tutto innovative che richiedono coraggio e solidità politica che, mi auguro, non manchino a questo nuovo governo regionale. Innanzitutto, qualunque progetto di offerta sanitaria non può ignorare che in Sardegna esistono fattori strutturali fortemente vincolanti nella definizione della rete dei servizi sociosanitari. Un territorio esteso 24.000 kmq, caratterizzato da una viabilità inadeguata che non favorisce gli scambi, ha difficoltà a garantire i Lea (Livelli essenziali di assistenza) e non può permettersi il lusso di cancellare gli ospedali minori declassandoli a funzioni troppo marginali. Al contrario, i piccoli ospedali debbono piuttosto aumentare i loro standard di qualità e divenire presidio efficiente di prossimità territoriale. L’insularità e la posizione geografica assai periferica rispetto al resto dell’Italia impongono una offerta di salute pubblica realmente il più autosufficiente possibile.
Tralasciando le innumerevoli altre competenze (sistema della prevenzione, quello riabilitativo, poli universitari, flussi di migrazione sanitaria etc.) ed entrando nel merito di soli due pilastri, territorio e rete ospedaliera, alcune brevi considerazioni. Il territorio, lo constatiamo ogni giorno, è sguarnito dei fondamentali servizi di prossimità. È un principio basilare di politica sanitaria che nessuna riforma è attuabile se, prioritariamente, non si organizza l’offerta di salute sul territorio. Diventa urgente, quindi, fare quello che ancora non si è fatto: attivare i punti di primo soccorso territoriali, ammodernare ed implementare il servizio 118, far funzionare l’elisoccorso, potenziare i poliambulatori specialistici, organizzare i Day hospital e i Day surgery. Se non trovano risposte nei servizi di prossimità, i pazienti si rivolgono ai centri ospedalieri intasando il pronto soccorso, sovraccaricando le liste d’attesa, dando vita ad un gran numero di ricoveri inappropriati (fino a 14.000 all’anno) con un livello di soddisfazione dell’utenza molto basso ed uno spreco di risorse notevole. Chiunque volesse organizzare la sanità partendo dagli ospedali sbaglierebbe nel metodo, come chi volesse costruire una casa partendo dal tetto e non dalle fondamenta.
Per quanto concerne la dimensione ospedaliera sarebbe davvero rivoluzionario e di grande utilità introdurre nella cultura della salute un modello di ricovero organizzato per livelli di intensità di cura piuttosto che sulla presa in carico per patologia. Un modello basato su ricoveri brevi e multi-specialistici impostati su livelli di intensità assistenziale differenziata (dall’emergenza con l’occupazione di posti letto ad altissima intensità fino alla lungo degenza in posti letto a medio-bassa intensità con costi assai più contenuti). I principi su cui si basa questo modello sono la centralità del malato, il superamento della frammentazione delle prestazioni, la continuità delle cure e dell’assistenza, la circolarità tra ospedale e territorio nonché una migliore utilizzazione delle risorse.
Il nostro Sistema sanitario nazionale è uno dei migliori al mondo perché è stato capace di promuovere la salute secondo principi di universalità, uguaglianza ed equità di accesso alle cure. Certo è difettoso, incompleto ed ha costi elevati. Ma la promozione della salute ha in sé una dimensione etica che non può essere sacrificata alle stesse esigenze di economicità e quadratura di bilancio che si chiedono ad un ente puramente economico. La promozione della salute resta il prerequisito di una buona qualità di vita dell’individuo e della comunità che lo accoglie e non può non essere prioritaria nell’agenda di ogni buon amministratore. Spero che questi siano tra i valori che guideranno il nuovo Governo regionale e il nuovo assessore della Sanità. Valori indispensabili, se si vuole favorire, anche nella nostra Sardegna, una assistenza sanitaria sempre più efficiente e di alta qualità.
Noemi Sanna – Medico psichiatra, già presidente della Commissione Sanità in Consiglio regionale
(sardegna.admaioramedia.it)