Il 2018 non si apre con le migliori aspettative per i porti transhipment del Sud Italia con merci in calo – specialmente sul versante contenitori – carenza di nuovi servizi e personale portuale a rischio occupazione. La situazione preoccupante riguarda purtroppo anche il Porto canale di Cagliari dove, secondo i dati pubblicati da Eurokai, il gruppo tedesco che comprende anche Contship Italia e quindi il terminal sardo Cict di Cagliari, il traffico merci è calato del 28% nei primi nove mesi del 2017.
La struttura rischia la chiusura e darebbe un colpo mortale ad un’economia non proprio florida .Il Porto Canale decantato, fin dalla sua inaugurazione, è uno dei segnali più preoccupanti della inadeguatezza di una parte del sistema portuale italiano di fronte ad una inarrestabile e mutante evoluzione dei traffici marittimi i cui effetti sono sempre più immediati e stravolgenti. L’effetto negativo più immediato è la conseguente disoccupazione di almeno 700 lavoratori portuali e relativo indotto. Parlare di inadeguatezza del porto e delle sue infrastrutture non aiuta a risolvere il problema. Sarebbe un errore pensare che, migliorando i pescaggi, potenziando i mezzi di sollevamento, anche con l’installazione delle più potenti gru oggi disponibili sul mercato, si potrebbero attrarre nuovi e più consistenti volumi di traffico. La vera ragione per cui importanti operatori come Hapag Lloyd stanno abbandonando Cagliari per altri porti non è da ricercarsi nella inadeguatezza delle infrastrutture alle nuove e più capienti navi portacontainers. Anche se il Porto fosse stato già attrezzato per ricevere le meganavi, la vecchia e collaudata filosofia dei porti di transhipment non sarebbe stata ulteriormente applicabile per questo porto della Sardegna.
La posizione geografica, che prima, con navi di minor tonnellaggio, poteva rendere più conveniente il trashipment verso i porti principali del continente, oggi renderebbe il transhipment da una meganave estremamente costoso e poco realistico per il numero di navi ‘feeder’ da impiegare e per il costo dei tempi necessari. Non è immaginabile la doppia movimentazione di migliaia di container che, dopo essere stati trasbordati, devono poi proseguire per il porto di sbarco per poi continuare, via terra, per la loro destinazione finale. Quanto detto fa parte dell’aspetto puramente logistico e, ragionando per assurdo, potrebbe anche essere superato con investimenti altamente tecnologici. Si potrebbe conseguentemente pensare che un porto ben attrezzato potrebbe attrarre ingenti flussi di traffico. Purtroppo, considerata la posizione geografica e la quasi totale carenza di merci utilizzate in Sardegna o da essa esportate, sarebbe un progetto poco realistico.
La crescente portata delle navi, che ormai ha già da tempo superato 20.000 teu, spinge i flussi di traffico verso quei porti che si sono già attrezzati con infrastrutture adeguate e che sono collegati via terra (soprattutto ferrovia) con le principali destinazioni europee. L’economia di scala raggiunta con le grosse portate induce a superare i porti di transhipment come Cagliari privilegiando lo sbarco di grosse quantità nei porti di destinazione finale. Anche in Italia, con molto ritardo, questa realtà è stata finalmente recepita e, anche in considerazione della scarsa disponibilità finanziaria, ci si sta concentrando solo su pochi porti per captare e sfruttare gli ingenti flussi di traffico senza ulteriori ritardi. Porti come Tangeri e Algeciras non potranno mai avere gli stessi problemi sperimentati a Cagliari, considerando i vasti territori ad essi asserviti.
Quale prospettive e quale futuro per Cagliari? E’ difficile dirlo. Bisognerebbe innanzitutto avere una visione globale dei traffici e della loro evoluzione, seguire il sorprendente cambiamento geopolitico mondiale ed i relativi coinvolgimenti economici e sociali. Bisognerebbe maturare e sviluppare nuove idee, con una sufficiente dote di fantasia e conoscenze, al fine di individuare un nuovo ruolo nel contesto economico e geografico esistente, rinunciando a certe velleitarie aspettative e ad investimenti improduttivi. Non so se la politica da sola potrà mai affrontare e risolvere certi problemi. Ci vorrebbero imprenditori lungimiranti o menti semplici che potrebbero rivalorizzare tutto quanto è andato perduto durante un lungo periodo di falsata consapevolezza di crescita e di sviluppo che si è rivelata una mera illusione.
Sono convinto che queste considerazioni andrebbero aggiunte o integrate con una accurata analisi sulla recente storia del traffico marittimo di Cagliari, individuando cause, effetti, opportunità perdute, investimenti improduttivi, finanziamenti per operazioni sbagliate, comportamento dei politici, clientelismo ed infine mancata conoscenza dei traffici e del mercato.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)