Anche Pimentel si è stretto attorno ai pastori nella giornata di protesta e solidarietà che oggi ha unito il popolo sardo in un impeto di orgoglio, non intenzionato a ripiegare per difendere la sopravvivenza e l’onore di uno dei pilastri dell’economia e della cultura isolane. E lo ha fatto attraverso i bambini che, sotto la guida dei genitori, hanno scelto di disertare le lezioni scolastiche, nonostante l’istituto fosse aperto, per incontrare i pastori del paese.
Stamattina, davanti all’edificio di viale Europa che ospita la scuola primaria e secondaria, niente zaini e libri, ma una calca di giovanissimi studenti con la maglietta bianca e la scritta “io sto con i pastori sardi”. Davanti ai cancelli chiusi, tappezzati di striscioni e lenzuola bianche, un banchetto con formaggio freschissimo primo sale, fette di ricotta di giornata e bottiglie di latte appena munto, ancora caldo. Tutti prodotti made in Pimentel offerti dai pastori del paese ai bambini in cambio della loro affettuosa solidarietà. Con i piccoli ci sono gli allevatori, i genitori, qualche insegnante che passa a salutarli, e il sindaco Alessandra Corongiu.
“Mio nonno fa il pastore, l’ho visto mungere e anche se non ci ho mai provato sembra divertente” dice Michele, 11 anni, gustandosi un pezzetto di ricotta fresca, “oggi siamo qui per aiutare i pastori a chiedere che il prezzo del latte venga alzato, perché adesso è troppo basso”. Sono piccoli ma hanno capito. Qualcuno di loro rivolge delle domande ai pastori, alcuni sono rimasti scossi dalle immagini del latte sversato nelle strade viste alla tv. Oggi anche loro si ritrovano in qualche modo protagonisti di questa pagina di storia sarda, benché qui l’aria che si respira sia diversa: il latte non si butta, si regala, e molti di loro assaggeranno per la prima volta il latte di pecora, dopo che le mamme lo avranno pastorizzato.
“Ne ho portato un bidone, è andato a ruba, non è bastato per accontentare tutti”, commenta Davide Sollai, 43 anni, allevatore e padre di due bambini. Poi aggiunge: “Questo è un lavoro in cui non hai orari, non esistono le feste, spesso devi rinunciare alla famiglia e agli amici, stai in campagna 365 giorni l’anno. In questo periodo dobbiamo mungere due volte al giorno. Se lo fai per passione, forse può darti qualcosa in cambio. Ma se devi ricavarci un reddito, alle condizioni in cui siamo oggi, non può valerne la pena, non puoi viverci”. Pimentel è un paesino nel cuore della Trexenta in cui ancora è forte il peso della pastorizia: 1.200 anime e 3.500 capi ovini distribuiti in poche greggi, e c’è anche un piccolo caseificio a conduzione familiare.
Tutto il paese si è sentito ferito dalla protesta che monta in questi giorni in tutta l’Isola perché tutti hanno o hanno avuto almeno un parente che vive o ha vissuto di pastorizia. Per questo Pimentel ha voluto unire il suo grido pacifico alle proteste di oggi, anche con la chiusura di diverse attività e tantissime lenzuola bianche sui balconi. “Con questa piccola manifestazione abbiamo provato a spiegare ai bambini i motivi della protesta che anima ormai tutta la Sardegna”, spiega Isabella Sollai, impiegata e madre di due bimbi, “certo non servirà a risolvere il problema, ma abbiamo voluto esprimere il nostro supporto morale ai pastori, maestri di un’attività che è il nostro passato, il nostro presente e, speriamo, il nostro futuro. E’ stato commovente quando li abbiamo ringraziati e loro ci hanno risposto: grazie a voi, abbiamo bisogno del vostro appoggio”. Forse, oggi abbiamo dimostrato davvero di non essere più un popolo di ‘pocos, locos y mal unidos‘.
Alessia Pillolla
(admaioramedia.it)