Tutti in cerchio, bambini cristiani e bambini musulmani, presi per mano, a ballare su ballu tundu con i maglioncini rossi e i cappellini di Babbo Natale. E poi mamme musulmane e mamme cristiane insieme, sorridenti ad intonare canti natalizi e ballare al ritmo di musica festosa tipica della tradizione araba.
Arriva da un paesino di poco più di mille anime, in provincia di Cagliari, un’immagine di integrazione, quella non imposta né impostata, ma vissuta come la più naturale delle vocazioni umane. Ieri, gli insegnanti, con la collaborazione dei genitori degli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado di Pimentel, hanno trasformato le ore di lezione in una mattinata dedicata al “Christmas jumper day”, un progetto nazionale voluto dal Ministero dell’Istruzione volto alla raccolta fondi per l’organizzazione internazionale “Save the children”, al quale l’Istituto comprensivo di Guasila aderisce per il secondo anno consecutivo.
“I bambini e le loro famiglie di diverse etnie hanno trascorso una mattina ricca di emozioni e di divertimento – è il commento entusiasta di Noemi Curreli, insegnante della scuola primaria e referente del progetto – Non è da tutti avere un coro multiculturale che intona canti natalizi dedicando ai propri figli un Buon Natale”. A Pimentel, su 86 alunni della scuola primaria e secondaria, sono 9 i bambini extracomunitari, figli di famiglie provenienti dal Marocco stabilmente inserite nel paese. Per loro le usanze, il credo e le tradizioni della comunità pimentelese non sono un elemento di disturbo. All’ingresso del plesso scolastico, un albero di Natale e un grande presepe illuminato a dare il benvenuto ad alunni e visitatori. La sala polifunzionale era un tripudio di voci e colori, col rosso a farla da padrone: non solo i bambini ma anche gli insegnanti e le mamme indossavano cappellini o cerchietti in tema natalizio, qualche mamma si è addobbata con lucine colorate, fili dorati e palline adibiti a bijou o a mo’ di sciarpa. Anche le mamme musulmane, accanto al loro hijab, indossavano un sobrio braccialetto realizzato con una ghirlanda natalizia argentata.
“Noi siamo musulmani – sostiene Naza, giovane mamma marocchina che, a differenza di tutte le altre, veste occidentale e parla un ottimo italiano – ma i nostri bambini frequentano questa scuola ed è giusto che condividano le occasioni di festa con i loro compagni. Poi tutto finisce qui”. Tutte le mamme, nessuna esclusa, hanno cantato in coro il brano Buon Natale di Enzo Iacchetti, un testo che lancia il messaggio di pace della festa cristiana a tutti i popoli. Poi le mamme musulmane, invitate dalle insegnanti, hanno impugnato il microfono e intonato un inno di gioia dedicato a Mohamed (per noi Maometto), circondate dalle mamme cristiane.
Ma è stato nel momento dedicato ai balli che le culture si sono strette più forte e intrecciate tra di loro: dopo un ballo tipico delle feste arabe, con le giovani donne marocchine che gioiose insegnavano i movimenti della loro danza alle improvvisate ballerine sarde, nella sala si sono formati cerchi e percorsi serpeggianti di adulti e bambini presi per mano che saltellavano i passi più o meno istruiti del ballo sardo. “Possiamo dire di aver centrato il vero significato del Natale – conclude Noemi Curreli – Amore, collaborazione e rispetto delle diversità culturali perché siamo tutti uguali e tutti diversi, ognuno con le proprie rispettabili tradizioni ma uniti in un unico sorriso”.
Alessia Pillolla
(admaioramedia.it)