Con l’avvicinarsi delle competizioni elettorali, iniziano ad emergere, in maniera sempre meno sussurrata, i nomi dei Sardi aspiranti ad uno scranno in Parlamento.
E così, in barba al paventato mutamento sulla scelta di uomini e donne impegnati nella società civile e nella politica, assistiamo all’unico vero cambiamento: lo spostamento di pedine eccellenti da un posto all’altro nella scacchiera della politica. Nulla da ridire, se non fosse che costoro sono quasi sempre uomini. Eppure, è trascorso poco più di un mese dalla votazione nell’aula del Consiglio regionale sulla riforma della legge statutaria con l’introduzione della doppia preferenza di genere.
Ricordo ancora le poche voci fuori dal coro, rispetto ad una scelta che dovrebbe essere naturale, ma che viene obbligata per legge. “Le donne sarde avranno pari dignità, nelle posizioni e nelle decisioni”. Frasi belle, ma che restano tali. Tra le decine di nomi maschili che si rincorrono, pochissimi quelli femminili, eppure le donne, in Sardegna, stanno dimostrando in un periodo di crisi economica drammatica, una capacità creativa e imprenditoriale ed economica straordinaria.
Possibile che proprio la politica non si accorga di queste eccellenze? E allora, ancora una volta un appello alle donne: non aspettiamo che siano gli uomini a dirci cosa possiamo fare per il nostro Paese, proponiamoci con il nostro “saper dire, saper fare e saper essere”. Facciamo in modo di essere artefici di una scelta e di un cambiamento. Metà dei voti appartengono già al mondo femminile, facciamo in modo che anche le elette lo siano, non per concessione maschile.
Biancamaria Balata
(admaioramedia.it)