Dodici anni possono sembrare lontani e sbiaditi e per tanti sono ricordi, ma il 12 novembre del 2003 non può essere incasellato tra i ricordi solamente perché rimane vivo e presente il rivissuto di quei giorni per chi lo ha visto, sentito nell’animo. Non si dimentica né si ricorda, si rivive e si rivedono le immagini di quei momenti e nella mente sono sempre e solo ancora palpitanti e pieni di una infinità di sensazioni: lo stupore, le urla che si sentivano nelle radio, il fumo nero immenso che nel cielo di Nassiriya si alzava, la frenetica messa in moto dei mezzi, la folle corsa verso quel maledetto fumo. Nel viaggio di qualche decina di minuti non si sentivano i sobbalzi dell’automezzo nelle buche c’era solo la frenetica fretta di arrivare sul posto. Arrivati al ponte, la visione era ancor peggio di quanto non fosse nella mente, pietre, calcinacci nel ponte, una folla immensa attorno alla base dei carabinieri. Un carretto trainato da un asino o almeno forse era un asino. Scendi dal mezzo e un silenzio che attanagliava la vista, la mente e l’angoscia mista a rabbia ma racchiusa e ricacciata a forza dentro. La folla si apri per farti passare, sembrava il Mar Rosso che si apri su ordine di Mosè, ma li non c’era nulla altro che lo scempio. Sentivo la loro pietà e la cosa non mi piacque, oggi posso dire che c’era la solidarietà.
Decine di persone correvano in aiuto a prendere i feriti. Il silenzio era rotto da urla secche e dai colpi che esplodevano. Qua mi fermo perché non posso né ho ancora la forza di descrivere quanto ho visto… So solo che quelle immagini sono e saranno sempre un film che si ripete nella mente e ogni anno come i film che si rivedono scorre nonostante non si vorrebbe. Spero che i 21 morti di cui 19 militari, due tra l’altro miei collaboratori, e decine di iracheni, di cui poco ci si ricorda, siano quelle stele che illuminino le menti ed i cuori dei tanti che pensano a tutt’altre cose terrene e meno al loro innocente sacrificio per opera di barbari.
Non dimenticare per rendergli onore significa non chiudere gli occhi anche di questi tempi. Non ci servono altri sacrifici, ma serve volontà e consapevolezza che si deve combattere sempre per tenere alta la fiaccola di libertà, di convivenza pacifica, in fin dei conti eravamo in Iraq con uno spirito di aiutare la gente piaccia o non piaccia a tanti. Abbiamo in tanti ricevuto un colpo basso, un uppercut ma non siamo andati ko. Lo dobbiamo a chi voleva vivere con le proprie famiglie e non lo ha potuto fare. Vivere per non dimenticare i belli esempi. Da Nassirya che era la antica Ur, Abramo partì alla ricerca della terra promessa e nel viaggio Dio gli chiese in sacrificio la vita del figlio Isacco come testimonianza di fedeltà… abbiamo tanta strada ancora da fare.
Gianfranco Scalas
(admaioramedia.it)
24 Comments
Mirko Ufo Valenti
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FaberSardo
In occasione del tredicesimo anniversario della Strage di Nassiriya in Iraq, ripropongo questo ricordo di… https://t.co/DNTjnfD44E