Terrralba, 18 novembre 2013, una grande alluvione colpisce il paese, segnatamente la via Mogoro che, ironia della sorte, era stata costruito proprio sul letto del fiume omonimo. Mille persone sfollate, case allagate, automobili trascinate via, cittadini che provano a salvare il salvabile, uomini della Protezione civile e dei Vigili del fuoco per evitare l’irreparabile. In quel di Terralba si era edificato dove non si doveva edificare. Il colmo è che passando in quelle strade invase dalle acque c’era ancora qualche cartello con la scritta: “Terralba dice no ai vincoli idrogeologici”. Del resto, sei mesi prima, la Regione aveva avvisato il Comune del rischio alluvione. Per tutta risposta, gruppi di terralbesi, ben supportati ed indirizzati, erano stati portati a Cagliari per protestare di fronte al Consiglio regionale, convinti di un futuro amaro senza altro cemento nell’abitato di Terralba.
A Terralba arrivarono anche i quotidiani nazionali, proprio mentre al secondo piano del Palazzo comunale era un affollarsi di autorità comunali, di uomini in divisa e in tuta mimetica indaffarati su carte topografiche sparse sui tavoli. Il giornalista del “Fatto quotidiano”, Alessandro Ferrucci, chiese al sindaco Pietro Paolo Piras come mai anche lui fosse schierato con coloro che non volevano vincoli idrogeologici e come mai anche il Comune avesse costruito dove non doveva, ottenendo una risposta liquidatoria (“Negli anni passati, sono sindaco da un anno…”), scaricando la responsabilità sui predecessori. Al giornalista non rimase che chiedere spiegazioni a Gesuino Loi, ex primo cittadino terralbese: “Cosa? Io… io non so… io“. Perdendo la pazienza per la risposta reticente: “Avvocato, lei è tra i più oltranzisti tra quelli che vogliono continuare a costruire…”. “Ma no… ma io… vede, ora le do una risposta, dopo le spiego qualcosa ‘in segreto’… La Regione ci vuole bloccare tutto, rischiamo di non crescere. Ci vuole lasciare solo la manutenzione ordinaria”, la risposta ‘tecnica’ dell’ex Sindaco. Ma l’inviato del “Fatto” sottolineò: “I suoi ‘soci’ nel comitato (pro cementificazione, nda) sono tutti ingegneri, architetti, geometri e costruttori”. Seraficamente, Loi volle precisare che si trattava di “gente preparata, che sa cosa fare. Comunque poi le dico qualcosa in segreto”. Ma Ferrucci salutò e se ne andò, perciò nessuno ha mai saputo di quale segreto fosse depositario l’ex sindaco Loi.
Sei anni dopo, Gesuino Loi, tanto fu tremebondo e sfuggente in ordine alla cementificazione del suo paese, tanto appare deciso e perentorio, con grande sprezzo del ridicolo, nel chiedere la revoca della cittadinanza onoraria offerta a Benito Mussolini e al generale Gandolfo dal Comune di Terralba. La revoca è urgente: secondo lui c’è in giro aria di “fascismo strisciante”. Invece, che a Terralba ci sia il 20% della forza lavoro disoccupata, che il 18% delle abitazioni siano malandate, che altre decine di problemi angustino la popolazione, all’ex Sindaco non importa niente. Lui è “amante delle ricerche storiche” e perciò sentenzia: “Mussolini si appropriò della bonifica del Terralbese voluta e iniziata dai sardi nel 1918, ne stravolse le finalità, estromise la nostra popolazione da quel territorio”. Invece, lo storico Giovanni Murru racconta che “il 23 dicembre 1918 la Banca Commerciale Italiana dava vita alla Società Anonima Bonifiche Sarde. L’Istituto di credito milanese concorreva alla costituzione del capitale sociale con il versamento di 850.000 lire. Ad esso si affiancavano altri tre soci fondatori, Fernando Adamoli, Giuseppe Menada e Giulio Dolcetta, detentore ciascuno di una quota di 500.000 lire”. Come si vede dei Sardi neppure l’ombra.
Lo storico vero, cioè Murru, descrive anche il territorio da dove, secondo Loi, sarebbero stati espulsi i terralbesi: “Proliferava la zanzara anofele… la presenza del bestiame era più numerosa di quella dell’uomo… nella primavera del 1924 era inaugurata la diga del Tirso, capace di contenere oltre 300.000 milioni di metri cubi d’acqua. A quella riserva guardavano con ottimismo la società Bonifiche Sarde, una volta entrata in possesso di circa 9.000 ettari di terreni incolti che, opportunamente prosciugati, sarebbero stati resi produttivi dalle risorse idriche… La bonifica di Terralba… era destinata a diventare un fiore all’occhiello del ruralismo fascista in Sardegna”. Altro che terralbesi cacciati. Semmai dovrebbero lamentarsi gli abitanti di Marrubiu e di San Nicolò Arcidano che nel 1928 furono sottoposti al Comune di Terralba. San Nicolò Arcidano riottenne la propria autonomia nel 1947 e Marrubiu solo nel 1948, a seguito di una rivolta della popolazione con tanto di morto in piazza.
A proposito di appelli alle Istituzioni, ne lanciamo uno all’attuale sindaco di Terralba, Sandro Pili: “Signor Sindaco, revochi subito la cittadinanza a Mussolini. Per quante malefatte abbia compiuto il Duce, non merita di essere concittadino, seppure onorario, di un triste personaggio quale è l’ex sindaco di Terralba”.
Angelo Abis
(sardegna.admaioramedia.it)