Il recente convegno di studi sul centenario della fondazione dei Fasci di combattimento, organizzato a Cagliari dall’associazione culturale “Vico San Lucifero”, a dispetto di quanto paventato dall’Anpi (associazione dei partigiani), è stato tutt’altro che una manifestazione commemorativa, o peggio, nostalgica.
L’approfondimento e la discussione intorno a quei fatti, svoltisi a Milano il 23 marzo di cent’anni fa, ha messo in luce un aspetto assai poco studiato e praticamente inedito riguardante i rapporti tra il fortissimo movimento degli ex combattenti inquadrati nell’Anac sarda (Associazione nazionale combattenti) e il sorgente movimento fascista, rapporti che poi si saldarono ancora di più quando i fascisti e gli ex combattenti appoggiarono incondizionatamente l’impresa di D’Annunzio a Fiume. All’adunata dei Fasci di combattimento in quel 23 marzo 1919 a Milano, fra i poco più di un centinaio di partecipanti vide la presenza di un illustre esponente del movimento futurista: Mario Dessy, sardo d’origine ma milanese di nascita nel 1902.
Pochissimo si conosce sui genitori di Dessy e quindi del rapporto che vi fu tra il poeta e scrittore e la Sardegna, ma il legame non doveva essere certo tenue, visto che il futurista, nel tempo, costituì nell’isola alcuni gruppi futuristi. Appena diciassettenne prese parte all’adunata dei fasci, non essendo, come non lo erano tutti i futuristi, un intellettuale da salotto. Appena un mese dopo la fondazione del fascio, esattamente il 15 aprile 1919, insieme a Marinetti, ad un folto gruppo di futuristi, di arditi e di studenti ex combattenti, contrastarono un grande corteo socialista disperdendolo e terminando la propria azione con la devastazione e l’incendio della sede del quotidiano “L’Avanti”. Inficiando così per la prima volta il mito dell’invincibile violenza rivoluzionaria dei socialisti. Dessy, appena ventenne, fu messo da Marinetti a dirigere la prestigiosa rivista di rassegna internazionale “Poesia”.
Nomina che non piacque ad Antonio Gramsci, nonostante, prima della Grande guerra, avesse manifestato una spiccata simpatia per il movimento futurista e per il suo fondatore. Infatti, in una lettere indirizzata a Trotskij, l’8 dicembre 1922, scrisse: “…Il gruppo futurista di Marinetti non esiste più. La vecchia rivista di Marinetti ‘Poesia’ è ora diretta da un certo Mario Dessì uomo senza la minima capacità intellettuale e organizzativa…”. Giudizio affrettato e ingeneroso, vista la copiosa produzione artistica e letteraria che colloca Dessy fra i principali esponenti del futurismo pre e post guerra. Accompagnato da una profonda coerenza ideale che, appena un anno prima della morte avvenuta nel 1979, gli faceva dire: “… Dire che Marinetti e il futurismo abbiano avversato il fascismo, significherebbe falsare grossolanamente una inoppugnabile verità storica. Il futurismo in realtà aderì al fascismo sin dal suo sorgere… All’inizio del 1919 la rinascita appariva gravemente minacciata… La nazione fu rapidamente inquinata da un’atmosfera densa di veleni, pesante d’insicurezza e di paure. Ogni giorno cresceva il disordine e dilagava la violenza. Quale diversa scelta avrebbero potuto fare Marinetti e il futurismo? In quale schieramento porsi se non in quello della stragrande maggioranza dei combattenti che volevano ad ogni costo difendere la Vittoria conquistata a così caro prezzo?”.
Venendo alle cose sarde, il 16 novembre 1919 si tennero le prime elezioni politiche del dopoguerra, con un nuovo sistema elettorale elettorale basato sui collegi regionali e sulle liste proporzionali: i risultati sancirono una strepitosa vittoria dei socialisti con 156 eletti su 508, secondo arrivò il neonato Partito popolare di don Sturzo con circa 100 eletti. Chi ne uscì con una sonora sconfitta fu proprio Benito Mussolini che, pur presentando a Milano una lista che vantava nomi prestigiosi quali Marinetti e Toscanini, prese meno di 4.000 voti, tanto che i socialisti gli organizzarono un funerale sotto casa con tanto di bara. In Sardegna, invece, mentre socialisti e popolari raccattarono appena un seggio a testa, la lista degli ex combattenti, con simbolo l’elmetto, ebbe ben tre seggi su un totale di 12: furono eletti, nel collegio di Cagliari, Paolo Orano e Mauro Angioni, nel collegio di Sassari, Pietro Mastino. Il più votato con 31.540 preferenze fu Orano: di origine sarda, socialista e massone, interventista, aveva aderito ai Fasci di combattimento ed era corrispondente da Parigi per il quotidiano di Mussolini, “Il Popolo d’Italia”.
In Sardegna era conosciuto per una sua opera giovanile, “Psicologia della Sardegna”, dove i Sardi, specialmente quelli delle zone interne, venivano descritti non proprio in maniera elogiativa. La sua candidatura fu sponsorizzata dal giornale degli ex combattenti ogliastrini, “Il popolo sardo”, con un gruppo capitanato da Egidio Pilia e Filiberto Farci, due illustri intellettuali sardi che facevano capo ad Emilio Lussu, che in quella competizione elettorale non fu candidato, e non, come affermò in seguito, per sua volontà, ma, diciamo così, perché non aveva l’età. I socialisti, che avevano in odio Orano, nel loro giornale “Il risveglio dell’isola”, definirono i discorsi di apertura della campagna elettorale di Lussu come caratterizzati da uno “stile Mussolini”, corroborati da un “contorno di rettoricume fascista”. Il giornale dei combattenti, “Il Solco”, in risposta, attaccò violentemente i socialisti negli stessi termini di un discorso di Mussolini riprodotto su “Il popolo sardo” di qualche mese prima.
L’aspetto più interessante di tutta la questione è che la candidatura di Paolo Orano non può spiegarsi se non col fatto che essa venne suggerita ai combattenti sardi dallo stesso Benito Mussolini, non volendo o non potendo egli stesso candidarsi in prima persona. Esiste un fatto storicamente inoppugnabile: l’invito a Mussolini perché capeggiasse il movimento sardista fu fatto da Egidio Pilia nei primi mesi del 1919 e ciò risulta in una lettera inviata da lui stesso a Mussolini il 17 dicembre 1922. Il fatto è confermato anche da Emilio Lussu che ne parlò nel congresso del Partito sardo d’azione, tenutosi a Nuoro nell’ottobre 1922: “Nel 1919 Mussolini mandava ‘forti sardi’ a proporre di scendere in lotta assieme in Sardegna. Costoro in mille abboccamenti dichiararono la volontà del Duce di scendere a fianco nostro nella lotta per le autonomie regionali..”. Interessanti le considerazioni che in proposito fa lo storico sardo Luigi Nieddu: “Sulle cause di quel mancato accordo mancano notizie controllabili; certo è che molte cose avrebbero potute andare diversamente se Mussolini e non Orano fosse stato candidato in Sardegna nel 1919. In tal caso il Duce del fascismo sarebbe sicuramente entrato in Parlamento con due anni di anticipo, in una situazione notevolmente diversa da quella del 1921”.
Angelo Abis
(sardegna.admaioramedia.it)