Nel corso di un recente intervento, che ha totalizzato oltre un milione di visualizzazioni su YouTube, l’amministratore delegato di Snam (società che si occupa di trasporto, stoccaggio e rigassificazione del metano), Marco Alverà, ha parlato dell’importanza della giustizia (‘fairness’) nelle aziende e nelle organizzazioni, al fine di favorire la motivazione, la fiducia e il senso di appartenenza dei dipendenti.
Il Manager italiano ha ricordato che, sul lavoro, l’ingiustizia mette le persone sulla difensiva e le fa sentire demotivate, e ha citato un recente studio secondo il quale circa il 70% dei lavoratori americani sono demotivati a causa dell’ingiustizia sul posto di lavoro, con un costo per le aziende di oltre 500 miliardi di dollari all’anno (più o meno il Pil dell’Austria). Da qui la necessità di incoraggiare comportamenti più ‘giusti’, creare un clima di fiducia e incoraggiare il lavoro di squadra e la creatività.
Ascoltando interventi del genere provenienti da menti illuminate, piange il cuore a pensare allo stato miserevole nel quale versa la giustizia nell’Amministrazione regionale della Sardegna. Checché se ne possa pensare all’esterno, infatti, una delle cause fondamentali (se non la principale) dello stato di demotivazione in cui si dibatte la stragrande maggioranza dei dipendenti regionali è appunto l’ingiustizia, che essi riconoscono e percepiscono all’istante e che sembra essere il tratto distintivo e fondante delle politiche del personale poste in essere dalla Giunta e dall’Assessore del Personale di turno. Da questa ingiustizia generalizzata, i dipendenti si difendono come possono: chi tirando i remi in barca, chi nascondendo la testa nella sabbia e chi, quelli con più pelo sullo stomaco, diventando esperti nella scivolosa arte del trasformismo. Poi, c’è chi non ha bisogno di difendersi, perché dell’ingiustizia beneficia.
E non si creda che sia questione di colore politico della Giunta in carica: alla politica, di qualsiasi colore, per come essa è stata sino a oggi, non sembra interessare assolutamente niente né della giustizia né dell’efficienza dell’Amministrazione regionale. La politica ha visto e vede la macchina amministrativa regionale soltanto come un mezzo per raggiungere scopi contingenti, sovente a fini elettorali, e come una torta da mangiare, nella quale sistemare parenti, amici, clientes, così che il sistema dell’ingiustizia si perpetui nel tempo senza soluzione di continuità. Limitandosi a esaminare le più recenti, le azioni in materia di personale della Giunta Pigliaru, si sente solo e soltanto puzza di ingiustizia. La cosiddetta riforma del ‘Sistema Regione’, quella che avrebbe dovuto consentire la mobilità tra i dipendenti dell’Amministrazione centrale e degli Enti regionali, si è rivelata un fallimento, sia tecnico sia operativo, che ha aumentato la confusione e la rigidità dell’Amministrazione. Il Fitq (fondo integrativo del trattamento pensionistico dei dipendenti regionali) alimentato in gran parte da trattenute sul loro stipendio, produce ogni anno un buco di milioni di euro, ma ai dipendenti non è stata data la possibilità, come prevede la legge nazionale, di uscirne per crearsi, se lo desiderano, una previdenza privata. Però dal Fondo nel 2018 è stato preso quasi un milione di euro per finanziare la continuità territoriale con la Corsica.
Il tentativo di introdurre con semplice delibera di Giunta, invece che con legge, la possibilità di affidare incarichi dirigenziali a dirigenti esterni è stata annullata prima dal Tar Sardegna poi dal Consiglio di Stato. Nel frattempo però, in alcuni Enti regionali la delibera è stata applicata, con il risultato che allo stato vi sono da più di un anno dirigenti esterni nominati in virtù di una delibera di Giunta illegittima. Si sono moltiplicati inoltre gli Uffici speciali con connesso incarico dirigenziale, ed è accaduto che alla guida di almeno uno di essi sia stato selezionato un dipendente che vantava ‘zero tituli’. L’unico concorso per dirigenti bandito sino a ora dalla Giunta Pigliaru, nel 2017, è stato annullato dal Tar Sardegna perché l’Assessore ha firmato il bando e la Giunta ha stabilito i criteri di concorso, atti che, come prescrive la legge, sono invece di esclusiva competenza del direttore generale del Personale (stesse illegittimità si verificarono anche nel precedente concorso per dirigenti del 2009, di recente tornato all’attenzione del Tar Sardegna).
Le stabilizzazioni effettuate nel 2017 hanno portato a esposti sindacali alla Corte dei conti e alla Procura della Repubblica, contestando l’assunzione di persone che non ne avrebbero titolo. Dopo una sentenza della Corte costituzionale, i lavoratori ex Hydrocontrol ed ex Sigma-Invest a suo tempo assunti senza concorso sono stati licenziati, ma poi in brevissimo tempo, grazie a una leggina ad hoc, è stato bandito un simulacro di concorso riservato soltanto a loro e nel giro di due mesi sono tornati tutti al loro posto. I concorsi per le progressioni interne sono stati finalmente banditi, ma i posti rimasti a disposizione sono pochissimi, dato che per anni i ruoli sono stati sistematicamente ingolfati con ingressi in massa dall’esterno con le modalità sopra descritte. L’Assessore Spanu però, beato lui, è contento e sui social intima “basta alle guerre tra dipendenti”: come se la colpa fosse dei dipendenti che hanno fatto e fanno i ricorsi contro l’ingiustizia, e non sua, e di quelli come lui, che hanno invece creato e favorito l’ingiustizia. In questo contesto, quale motivazione, quale fiducia, quale senso di appartenenza possono avere i dipendenti regionali? Si dice che la giustizia non sia di questo mondo: sicuramente non è della Regione Sardegna.
Montecristo
(admaioramedia.it)