Le Amministrazioni pubbliche hanno lo scopo principale di supportare e mettere in pratica le politiche decise dagli eletti dal popolo e di farlo secondo la legge. E’ interesse di tutti avere a disposizione una macchina amministrativa la più efficiente possibile. Invece, quando si parla di Regione Sardegna, tutti si lamentano dei ritardi, delle arretratezze, dell’eccesso di burocrazia nonché per l’inadeguatezza professionale di tanti dirigenti e dipendenti.
Anche nell’Isola l’impiego pubblico è stato spesso concepito dalla politica non come l’occasione per reclutare i migliori, bensì come una sorta di grande ammortizzatore sociale, con un susseguirsi di stabilizzazioni di precari, di assorbimenti di personale di enti decotti e chi più ne ha più ne metta, con effetti destabilizzanti sull’efficienza complessiva del sistema. Indimenticabile la famigerata legge 285 del 1977 per incentivare l’occupazione giovanile, che negli anni portò all’assunzione di 60mila persone nella pubblica amministrazione: in Regione Sardegna, negli anni, in quel modo entrarono senza alcun concorso quasi mille dipendenti (769 in Regione, 200 nelle agenzie ed enti regionali).
Il concorso dovrebbe essere l’unica modalità di accesso all’impiego pubblico, invece in Regione Sardegna è diventata una modalità residuale di assunzione dei dipendenti: da più di trent’anni si sono avuti soltanto due concorsi per funzionari e coi dirigenti la situazione non cambia. Anche gli attuali dirigenti regionali, infatti, in gran parte non hanno superato alcun concorso. Sono semplicemente stati inquadrati come dirigenti quando in Regione (L.R. 31 del 1998 sul personale e prima contrattazione collettiva del 2001) è stata data attuazione, con più di dieci anni di ritardo, alla ‘privatizzazione del pubblico impiego’. Alcuni funzionari regionali diventarono ex lege dirigenti in due successive tornate ed alcuni di loro erano entrati in Regione senza concorso con la legge 285. Ma il tempo passa, e per la maggioranza di questi dirigenti ex lege si avvicina ormai il ritiro: quasi la metà dei circa 200 dirigenti regionali attualmente in servizio andrà in pensione nei prossimi tre anni. Sono quindi necessari i concorsi, sia per ragioni di ragioni di ricambio generazionale che per reperire figure dirigenziali adatte alle nuove sfide che il comparto pubblico ha davanti a sé. Sarebbe meglio fare i corsi-concorso (ossia un percorso di selezione di durata normalmente annuale), come fa lo Stato con ottimi risultati, ma per prevederli nell’ordinamento regionale bisognerebbe cambiare la ormai mitologica legge regionale 31, e ai politici regionali fare le leggi evidentemente riesce difficile.
Poi, l’anno scorso il dinamico Filippo Spanu, già capo di Gabinetto del presidente Pigliaru e nuovo assessore del Personale, al posto dell’esangue Gianmario Demuro, ha bandito un concorso per 20 posti da dirigente, condito dai soliti toni trionfalistici e da irrituali incontri con i dipendenti per magnificare la bontà della scelta effettuata e della procedura seguita. Chi ha tentato di avanzare dei dubbi è stato zittito. D’altronde, l’unica speranza per i dipendenti regionali di avere un dialogo con l’Assessorato del Personale è quella di passare attraverso i Tribunali. E guarda caso il concorso Spanu è stato annullato nei giorni scorsi dal Tar Sardegna. Perché quelli dell’Assessorato del Personale ci provano e ci riprovano, ma i concorsi per dirigenti non riescono a farli come si deve. Le circolari sulla pausa caffè e sull’orario di servizio quelle sì, riescono a farle bene e gli uffici regionali ne sono pieni.
I concorsi, invece, non sono pane per i loro denti, e ogni volta che ci provano riescono soltanto a combinare una serie di pasticci incredibili, che danno la stura a infinite polemiche e pesanti strascichi giudiziari. Commettono errori che non farebbe nemmeno uno studente del primo anno di giurisprudenza, come quello di far firmare il bando di concorso all’assessore e non al direttore generale del Personale, come prescritto ormai da oltre venti anni dalle norme in materia di separazione tra organo politico e organo amministrativo. Infatti, l’assessore Spanu – non si sa quanto incautamente – ha firmato il bando. E poiché non è pensabile che al Personale siano così digiuni di Diritto amministrativo da non sapere una cosa elementare come questa, è evidente che la direttrice generale dell’Assessorato ha preferito non firmare il bando (seppure non risulta abbia fatto rilievi), né evidentemente l’assessore Spanu è stato in grado di farglielo firmare.
Altra palese illegittimità, che il Tar ha rilevato, è la cervellotica procedura concorsuale messa in piedi dal bando Spanu. Basterà dire che il concorso, che veniva spacciato come unico, in pratica consisteva in cinque concorsi distinti e separati, poiché i partecipanti erano obbligati a scegliere uno soltanto degli assurdi ambiti disciplinari individuati che, come ha affermato il Tar, non avevano alcuna giustificazione. In più, poiché era previsto lo scorrimento delle cinque graduatorie finali per le assunzioni successive a seguito dei futuri pensionamenti dirigenziali, restava misterioso a quale delle graduatorie si sarebbe dovuto attingere per sostituire il primo dirigente che fosse andato in pensione, dato che il ruolo dei dirigenti regionali è unico. Insomma, un terrificante pasticcio, nella grande tradizione dei concorsi per dirigenti banditi dalla Regione Sardegna.
Montecristo
(admaioramedia.it)