Con la sentenza dello scorso 2 marzo (n. 40), la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un articolo (6, comma 8) della legge regionale sarda 2 del 29 maggio 2007, nella parte in cui prevedeva che i dipendenti a tempo indeterminato delle società Hydrocontrol e Sigma-Invest potessero chiedere l’assegnazione diretta all’Agenzia regionale per il distretto idrografico della Sardegna o all’Arpas senza effettuare un concorso pubblico.
La vicenda era nata dal ricorso di alcuni dipendenti che nel 2008 – sono i tempi della rivoluzione all’assetto della Regione operata dalla Giunta di Renato Soru – avevano chiesto di essere assegnati all’Agenzia distretto idrografico, vedendo la loro domanda respinta dalla Regione motivando con la mancanza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la Hydrocontrol. A seguito dell’accertamento – con sentenze passate in giudicato nel 2012 – dell’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel 2013 i ricorrenti avevano nuovamente richiesto alla Regione di essere assegnati alla stessa Agenzia regionale. Tuttavia, nelle more Hydrocontrol aveva comunicato ai ricorrenti il licenziamento per ‘giustificato motivo oggettivo’, in ragione della cessazione dell’attività. I ricorrenti, allora, avevano chiesto al Tribunale di accertare l’illegittimità e l’inefficacia di tale licenziamento e di dichiarare l’esistenza – sin dal 28 settembre 2006 – di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra gli stessi e la Regione Sardegna, con condanna alla loro ammissione in servizio, al risarcimento del danno e alla regolarizzazione contributiva. Il giudice ha, però, rimesso gli atti alla Corte costituzionale per verificare se la norma che invocavano i ricorrenti fosse legittima, dato che in base ad essa avrebbero potuto ottenere, senza previa selezione per pubblico concorso, l’assunzione a tempo indeterminato da parte della Regione.
Con la sentenza di venerdì scorso, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma in questione, in quanto consente l’accesso dei dipendenti di due società private nei ruoli regionali senza alcuna forma di selezione, neppure a concorsualità ‘attenuata’, senza giustificare le ragioni di tale deroga, senza stabilire alcuna condizione in ordine alle modalità di assunzione di tali dipendenti (per esempio, il modo in cui il personale delle due società private è stato reclutato o la verifica dell’attività professionale svolta in precedenza) e senza stabilire limiti percentuali all’assunzione in assenza di concorso. La Corte ha ribadito che il principio del concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche e che il passaggio automatico all’amministrazione pubblica di personale di società in house, ovvero di società o associazioni private, così come il trasferimento diretto da una società partecipata dalla Regione alla Regione stessa o ad altro soggetto pubblico regionale, si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, che contrasta con i principi di efficienza, buon andamento ed imparzialità della pubblica Amministrazione.
La sentenza della Corte ha gettato nel panico i piani alti del Palazzo regionale, visto che vi sono stati tanti esempi in passato di leggine ad hoc che hanno consentito il passaggio diretto nei ruoli regionali di dipendenti di società private o partecipate o in house ecc. – per fare qualche esempio, l’ex Agenzia regionale Osservatorio economico, il Consorzio Sar Sardegna e la Progemisa, oppure i dipendenti dei Gruppi consiliari del Consiglio regionale, tutti soggetti che sono transitati nell’Amministrazione regionale senza effettuare alcun tipo di concorso – e si dice che siano pronti tanti ricorsi contro ciascuna di queste procedure di assunzione diretta. L’Assessorato regionale del Personale sta per inviare le lettere di licenziamento agli assorbiti Hydrocontrol e Sigma-Invest.
Il lato grottesco della vicenda è che se la Regione avesse preso tutti non sarebbe successo niente, a dimostrazione del fatto che a voler far male le cose bisogna saperle fare bene. Però, sono già partite anche le grandi manovre per tentare di salvare ‘capra e cavoli’ (“Abbiamo attivato un filo diretto con il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, ha detto l’assessore del Personale Filippo Spanu, che ieri ha avuto un incontro a Roma): da quelle squisitamente giuridiche, che discettano di limiti di retroattività delle decisioni della Corte costituzionale e di salvezza dei rapporti esauriti prima della pronuncia in ragione della definitività dei provvedimenti amministrativi sottostanti; a quelle politiche, che prevedono interventi normativi volti a sanare le disposizioni dichiarate incostituzionali al fine di mettere in piedi oggi un simulacro di quella procedura concorsuale che si sarebbe dovuta tenere allora.
In tutto questo, pur nella preoccupazione umana per il futuro dei dipendenti licenziandi e delle loro famiglie, nessuno che si chieda dove sia il limite tra il legittimo e l’illegittimo o tra il giusto e l’ingiusto, nessuno che distingua tra chi in Amministrazione ci è entrato dalla porta principale e chi invece ha utilizzato le porte di servizio, e, soprattutto, nessuno che si ricordi che i veri responsabili di queste vicende sono quei politici che hanno disinvoltamente usato il loro potere per sistemare a spese del pubblico gli amici degli amici, facendo come al solito le rivoluzioni sulla pelle degli altri.
Montecristo
(admaioramedia.it)