Prosegue il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sul disastro della Moby Prince, istituita dal Senato ed insediata lo scorso 5 novembre, e grazie ad una consulenza rispunterebbe l’ipotesi di un’esplosione a bordo. Lo sostiene Pierangelo Maurizio sul quotidiano “La Verità”, riferendo di alcune indiscrezioni secondo le quali “il primo esame dei reperti avrebbe fatto una certa impressione: l’idea è che la quantità di esplosivo presente nel locale eliche di manovra potesse essere consistente”. Il verdetto definitivo del lavoro affidato ad un esperto di esplosivi dell’Esercito, maggiore Paride Minervini, che ha esaminato i reperti originali (in particolare, quelli del locale eliche e del garage soprastante), è previsto per il mese di febbraio.
La Commissione, presieduta dal senatore sardo Silvio Lai, ha il compito di far luce su una vicenda che ancora, a distanza di troppi anni, presenta alcuni lati oscuri: il traghetto “Moby Prince”, diretto da Livorno ad Olbia, nella sera del 10 aprile 1991 entrò in collisione, ad appena 2 miglia dal porto, con la petroliera Agip Abruzzo e l’incendio che scoppiò a bordo causò, per un incomprensibile ritardo dei soccorsi, 140 morti (64 membri dell’equipaggio e 76 passeggeri; ci fu un solo superstite), 30 dei quali sardi, tra i quali il comandante Ugo Chessa, e sua moglie. Proprio il figlio del Comandante, Luchino Chessa, si batte da anni con le associazioni dei familiari per far emergere la verità, dopo anni di processi inutili, di depistaggi e di silenzi ‘istituzionali’
Secondo il giornalista Maurizio, all’esperto consulente spetta “il compito che vale una porzione consistente di verità: quanto era l’esplosivo e se vi era anche esplosivo militare. ma sopratutto l’esplosione è avvenuta prima o dopo la collisione con la petroliera?”. In poche parole, se la presenza dell’esplosivo venisse confermata, si è trattato di un trasporto illegale o di un attentato? (fm)
(admaioramedia.it)