Forse è colpa dei mai dimenticati anni ’80: modelle e magrezza uguale bellezza. Forse è per colpa di quegli anni lì se milioni di ragazze (e qualche ragazzo) hanno pensato che per piacere agli altri e accettarsi di fronte allo specchio bisognasse pesare 40 chili, avere le spalle aguzze, le clavicole in vista e gli zigomi sporgenti.
E’ così che abbiamo cominciato ad affrontare le malattie nate dai disturbi alimentari, veri e propri tabù. Qualcosa che i nostri avi, sempre alle prese con guerre e ristrettezze economiche, non avevano mai conosciuto. E oggi gli studi sono impietosii e allarmanti. Solo per fermarsi alla nostra Sardegna, i casi di persone che soffrono di disturbi alimentari sono migliaia all’anno. E colpiscono tutti. Ragazze nell’età adolescenziale, maschi nel pieno della giovinezza, adulti anche ultra-cinquantenni. E ciò che circola in rete, i cosiddetti siti pro-Ana, siti che inneggiano alla magrezza più assoluta e radicale, sono raccapriccianti. Anni fa fu la direttrice di Vogue, Franca Sozzani, a lanciare l’allarme attraverso una raccolta di firme per la chiusura di questi siti.
Ma il tema, una volta individuata la malattia, averla riconosciuta e accettata come tale, è la cura. Mangiare e vomitare, assumere lassativi, ammazzarsi in palestra, in un andirivieni di esaltazione e depressione più nera porta alla morte. E infatti le malattie alimentari sono le prime cause di decesso soprattutto per le ragazze dai 12 ai 25 anni. In Sardegna, fra esperti e associazioni di volontariato, il dibattito è annoso. Intanto, bisogna consigliare alle famiglie di rivolgersi agli specialisti. Il punto è che manca una struttura specializzata che non sia la derivazione di qualche reparto in un ospedale, pur di qualità. In realtà c’è una buona notizia. A Iglesias è nata una struttura semi-residenziale che si chiamerà “Lo specchio” e che potrà ospitare nove pazienti maggiorenni. Ma non non basta.
In Sardegna occorre una struttura che faccia ambulatorio, day hospital, riabilitazione, terapia psicologica, ricoveri ospedalieri. Non può essere lasciato tutto sulle spalle delle famiglie e delle associazioni quando i casi sono molto gravi. Dopo tanti anni di appelli, la ‘nuova’ sanità sarda deve risolvere il problema con un investimento cospicuo e senza più palliativi. E senza scuse.
Bruno Murgia
(sardegna.admaioramedia.it)