La Madonna d’Itria è legato alla tradizione bizantina. L’origine è da cercarsi in una leggenda che vuole che San Luca Evangelista, divenuto poi patrono dei pittori, dipingesse il ritratto della Madonna durante il suo soggiorno a Gerusalemme. Il dipinto sarebbe poi stato trovato in Terrasanta nel V secolo da Aelia Eudocia, moglie dell’imperatore Teodosio II, che lo portò con sé a Costantinopoli. Qui lo fece collocare nella chiesa di Odigi, da cui deriverebbe l’appellativo di Odighitria, dal greco “odigos“, ossia “colei che indica la via“.
La tradizione vuole che sia raffigurata con il bimbo in braccio in atto benedicente con una pergamena arrotolata nell’altra mano, che la Vergine indica.Una leggenda sarda vuole ancora una volta una statua della Madonna protagonista di un naufragio. Trovata in una cassa galleggiante nelle acque del golfo di Cagliari fu portata a riva e assegnata alle suore del convento di Pauli Arbarei. Durante il tragitto, il carro che portava il simulacro fece alcune soste. La prima alla chiesa di San Pietro di Villamar, la seconda su una collina che prese il nome di “su cuccuru de Nostra Sannora de Itri” ove venne eretta una croce per commemorare l’evento e una terza al confine tra l’agro di Villamar e quello di Pauli Arbarei. Fu qui che il giogo di buoi rifiutò di procedere oltre. Il fatto fu interpretato come una precisa indicazione della Madonna a voler rimanere in quel punto e qui gli abitanti di Villamar eressero una chiesa per poter conservare il simulacro.
A Villamar viene celebrata ogni terza domenica d’agosto. La statua, verosimilmente ottocentesca, viene portata in processione fino alla chiesetta campestre sul suo cocchio dorato, ove rimane fino al martedì. É accompagnata da cavalieri, da ‘traccas‘, carri a buoi addobbati a festa e dai fedeli che recitano ‘is coggius‘: delle orazioni cantate o recitate assai simili nella struttura e nella metrica alle ‘kontakia‘ ortodosse. Il culto di questa Madonna fu adottato da oltre un centinaio di comuni sardi con più o meno le stesse modalità, variando solamente la data delle celebrazioni. Ciò che la caratterizza è la recitazione dei cosidetti ‘goggius‘ (ma il termine varia da paese a paese) ovvero delle litanie dove l’elemento strettamente religioso si lega facilmente al mito e alla leggenda, ma dove anche la storia, se pure in forma romanzata, trova una sua collocazione, dandoci il quadro di un cattolicesimo fortemente identitario, per nulla comprensivo nei confronti del mondo mussulmano e del tutto stonato rispetto a quello che è l’atteggiamento di Papa Bergoglio nei confronti dell’Islam e dell’accoglienza, senza se e senza ma, nei confronti dei mussulmani, ancorché immigrati clandestini, non certo vittime della guerra o della fame, bensì spinti da una volontà di imporre con prepotenza il loro stile di vita, ne più e né meno come facevano i loro avi barbareschi .
In Sardegna ne sappiamo qualcosa con i continui sbarchi degli algerini nelle coste del Sulcis, che, nello spazio di qualche giorno, si trasformano in ladri, scippatori e spacciatori, con l’assoluta certezza dell’immunità. Anche nella chiesa sarda ci si comincia a rendere conto che tra quanto fatto, vero o leggendario che sia, dalla Madonna d’Itria contro i mussulmani non è compatibile con l’insegnamento dell’attuale Pontefice, tant’è che qualche sacerdote, con un po’ di nochalance, ha paternamente consigliato i fedeli a ‘saltare’ le strofe di un ‘is coggius‘, “Godos de Santissima Vergine de Itria”: “Cuddos canes maomettanos cun furore singolare bos si che bettan a mare cum duos agostinianos e cun bois torrant sanos a sa patria suspirada succuride nos in qust’ora mamma de Itiri giamada. Benit forte e poderosa un’armada maomettana po distruer meda profana sa patria bostra dizzosa meraviglia prodigiosa s’armada restat brusiada succurride… Istudat s’abba su fogu pro propia naturalesa e pro soberana impresa si mudat su mare in fogu abbrusande in cussu loghu de tottu sos turcos s’armada succurride…” (traduzione: “Questi cani maomettani con una crudeltà inaudita buttano in mare due agostiniani che con voi tornano sani alla patria amata soccorrete noi in quest’ora madre di Itiri amata. Venne forte e poderosa un’armata maomettana per distruggere con grande affronto la nostra patria splendida con un prodigio che desta meraviglia l’armata fu incendiata soccorrete…. Spegne l’acqua il fuoco com’è nella sua natura e con una impresa sovrumana si trasforma il mare in fuoco bruciando in quel luogo l’armata di tutti i turchi soccorrete…”).
Quanto a noi Sardi, visto il fallimento del ministro Minniti, ed i proclami inutili del presidente della Regione Pigliaru, per bloccare l’invasione degli algerini non ci rimane che invocare l’aiuto della Madonna d’Itria perché sia lei a difenderci da “cuddos canes maomettanos“.
Angelo Abis
(admaioramedia.it)