L’ospitalità incondizionata di Ozieri: Su Trinta ‘e Sant’Andria (Biancamaria Balata)

È solo all’alba che iniziamo a conoscere i veri numeri di una manifestazione straordinaria. Quasi che il sole al suo apparire volesse rappresentarci, non solo la bellezza di quei vicoletti ancora risonanti il vociare allegro dei cantinieri e dei loro ospiti, ma la storia vera delle colline ozieresi e dei suoi antichi vigneti.

Attraverso quel vino novello spillato in abbondanza nelle ore precedenti, si perpetrano i riti laici di Su trinta ‘e Sant’Andria.

Trinta come il numero di Cantine aperte ai viaggiatori attenti. Alcune piccole e particolarmente ricche di cimeli, quasi ad apparire piccoli musei etnografici, altre ubicate in palazzi signorili ancora ridondanti di storia sarda e nazionale. Altre ancora recuperate dopo accurati restauri e rese alla fruizione di tutti. Tutte però, legate da un unico filo di congiunzione, l’accoglienza. Affiancare altre manifestazioni autunnali a quella che si svolge ad Ozieri rischia di essere imprecisa per la natura stessa dell’evento, perchè non è il denaro a stabilire il varco da ciò che viene offerto, ma solo l’ospitalità incondizionata. Tra queste cantine una in particolare merita una nota apposita, quella dell’‘Accoglienza di possibilmente’, dove i cantinieri sono ragazzi con diverse abilità trasformati per una sera in osti attenti e scrupolosi. Ambientata nel Chiostro di San Francesco e nel piccolo Auditorium del complesso seicentesco, è forse una delle mete più ambite nel percorso enogastronomico che la città offre per una sera, tra “pane fine e greviera, tra copulettas e sospiros”, spalancando i portoni di questi antichi palazzi, ci si apre anche alla realtà straordinaria dell’inclusione verso chi è più svantaggiato. Si affronta così un altro percorso meraviglioso fatto non solo di sapori, colori e profumi, ma soprattutto da emozioni. Sant’Andria ad Ozieri, la Sardegna che mi piace è questa!