Sono centinaia i docenti sardi che stanno vivendo l'incubo della riforma scolastica del Governo Renzi. Il passaggio in ruolo, tanto proclamato e altrettanto atteso, si è rivelato un enorme bluff: un ricatto che ha tolto il sonno ai precari della scuola in nome del "posto fisso o famiglia, a voi la scelta”.
Percepire uno stipendio di 1.300 euro al mese e partire per chissà dove, tenendo una famiglia e una casa nell'Isola, con figli piccoli o genitori anziani bisognosi di assistenza, è un prezzo troppo alto da pagare per la tanto agognata stabilizzazione. Di fatto, non c'è continuità territoriale che tenga.
Ricominciare da capo dopo tanti sacrifici, e vivere con pochissime centinaia di euro al mese, fare una vita miserabile lontani dagli affetti è uno scotto che gli insegnanti sardi non vogliono pagare. Fondamentale per l’Autonomia, la Difesa e la Valorizzazione della Scuola Sarda è che la Regione Sarda si faccia parte attiva nell’azione politica e istituzionale per riaffermare la specificità, l’autonomia didattica e organizzativa del sistema formativo in Sardegna (anche in considerazione della petizione con quasi 5.000 firme di docenti e operatori scolastici che richiedono il ricorso alla Corte costituzionale). Gli insegnanti chiedono alla Giunta e al Consiglio regionale della Sardegna, di ricorrere alla Corte costituzionale impugnando la Legge di Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione (Legge n. 107 del 13 luglio 2015) al fine di far rispettare le peculiarità e competenze statutarie e costituzionali della nostra Regione.
I docenti chiedono che la Regione li ascolti, sollecitano l'urgenza di un tavolo per le trattative. Esigono un incontro con l'assessore Firino, presidiano per intere giornate il portico del palazzo della Regione chiedendo di essere ricevuti. L'Assessore promette, ma di fatto, fa spallucce. Il deputato sardo Mauro Pili riunisce gli Stati generali della Scuola sarda. Viene elaborato un documento sulla tutela della Scuola sarda. Urge un incontro col presidente Pigliaru, ma ancora, nessuna risposta. Arriva il momento delle convocazioni al ruolo: diversi docenti vengono nominati in più città, ma hanno la possibilità di accettare una supplenza in Sardegna. Un salvagente sabbatico di un anno, per chi si è visto recapitare la lettera dal Miur. L'anno prossimo però, dovranno partire senza remissione di peccati. Parafrasando Mauro Pili, “è un dovere, un obbligo impugnare quella legge che sta deportando centinaia di insegnanti sardi, frantumando famiglie e continuità didattica e pregiudicando per sempre l'organizzazione di una Scuola Sarda”.
Mancano pochissimi giorni alla scadenza dei termini perché la Giunta regionale impugni la legge di riforma davanti alla Corte costituzionale. Giorni nei quali la Sardegna si gioca il futuro di migliaia di docenti e il futuro di una scuola a dimensione di Sardegna e Sardi. Per questo motivo il Coordinamento per la Difesa della scuola sarda attende la convocazione dell'incontro con il Presidente del Consiglio regionale: perché sia la massima assise a imporre l'impugnativa della legge. E' una legge che distrugge le famiglie, aggredisce al cuore l'aspirazione di una Scuola Sarda, che cancella i poteri della Regione in materia scolastica. Per questa ragione tutte le forze politiche devono scegliere da che parte stare. Una Regione autorevole, seria, rispettosa del proprio popolo avrebbe opposto ogni possibile reazione, mentre solo qualche giorno fa, il Consiglio regionale si è accordato per discutere della scuola. La seduta? Il 22 settembre prossimo. Ovvero dopo che i termini per l'impugnativa (13 settembre) davanti alla Corte costituzionale saranno abbondantemente scaduti. Il bavaglio è stato annodato: grazie Regione Sardegna. Grazie per la tua schiavitù a Roma padrona. Metteremo in atto ogni azione per denunciare questa vergogna: noi andiamo avanti, a schiena dritta e testa alta, a combattere la nostra guerra.
Cristiana Verazza – Coordinamento difesa della scuola sarda
(admaioramedia.it)
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