Per il turismo occorre prendere decisioni politiche serie per un suo sviluppo. Occorre fare scelte sul territorio ed il suo utilizzo, come effettuare la promozione e la valorizzazione, come sostenere chi ci opera. Per esempio, sulla gestione dei beni culturali di cui la Sardegna è particolarmente ricca, soprattutto vestigia archeologiche della civiltà nuragica unica al mondo, oltre a quelli ambientali e naturali, storico-artistici, enogastronomici e della tradizione, che costituiscono una grande risorsa per lo sviluppo del turismo.
Parte dei siti sono statali, alcuni gestiti direttamente e altri in concessione ai Comuni, molti sono comunali, in qualche caso la gestione è ad opera di fondazioni e istituzioni create dagli stessi enti locali, la maggior parte vengono affidati con gare a piccole iniziative locali (spesso cooperative). La Regione le sostiene versando contributi ai Comuni, che poi li girano ai gestori e gli introiti derivanti dagli ingressi restano ai Comuni: un sistema evidentemente complicato e farraginoso. L’attività di queste piccole aziende è importantissima, si può dire fondamentale per lo sviluppo del turismo, ma si trovano in una posizione ambigua, di grande precarietà e soprattutto di insufficiente considerazione da parte di chi gestisce la politica del turismo.
In questo contesto è molto interessante il caso di Alghero, dove il Comune ha creato la Fondazione MetA (Musei eventi turismo Alghero) che ha sostituito la vecchia Azienda di soggiorno e si occupa della promozione del Comune, dell’Ufficio informazioni e della Grotta di Nettuno. I siti archeologici locali sono gestiti da una piccola cooperativa che – caso unico, non si ha notizia di altri analoghi – non riceve alcun contributo: con grande fatica e impegno riesce a sopravvivere anche se i suoi numeri sono minori di quelli di molti altri siti. La cooperativa Silt si autogestisce, cerca di sostenersi impegnandosi con i giorni di apertura (chiude solo il giorno di Natale), orari, organizzazione eventi, vendita libri, oggetti, un piccolo bar. Non può fare un’adeguata promozione, non ne ha i mezzi e non riceve aiuto neanche dalle locali aziende dell’ospitalità. Raccoglie notizie utili sui visitatori, nazionalità, gruppi o singoli, scolaresche. Il numero delle visite ricalca in buona parte quelle delle presenze alberghiere, maggiori in luglio e agosto, poche in altri mesi indicative però di un interesse specifico.
I visitatori sono più stranieri che italiani: nel nuraghe Palmavera nel 2015 sono stati 12.715 stranieri e 9.639 italiani più 1.070 studenti; sono allo stesso livello da anni ma con qualche diminuzione rispetto al 2007-10. Un terzo delle visite di italiani sono tra luglio e agosto, quelle di stranieri sono distribuite anche in mesi non estivi: nel 2015 a gennaio vi sono stati 92 stranieri (di cui 24 inglesi), febbraio 78, marzo 112, aprile 754 (di cui 116 inglesi, 140 francesi, 130 tedeschi). La necropoli di Anghelu Ruju è meno visitata: nel 2015 vi sono stati 7.757 stranieri, 5.777 italiani più 669 studenti. Pure qui italiani prevalentemente in luglio e agosto, stranieri in un periodo più ampio. I maggiori visitatori sono i francesi seguiti dai tedeschi, poi vengono inglesi, spagnoli e catalani che sono meno di quanto si potrebbe ritenere. Si resta favorevolmente impressionati come questa piccola cooperativa funzioni bene e riesca a lavorare.
Questo avviene in una località che, spiace dirlo, si è un po’ addormentata sugli allori: Alghero è stata a lungo la prima località turistica della Sardegna ed è diventata tale soprattutto per le sue doti naturali ed il suo fascino. Ora ha perso non solo il primato, è diminuita la capacità di attrazione, non si è adeguata con nuove proposte, manca lo spirito di iniziativa. Un tempo le linee aeree creavano nuove rotte per portare turisti, ora per questo vogliono esser pagate, vogliono contributi e riducono i collegamenti provocando così un vero disastro per le aziende turistiche. Come non chiedersi perché a Olbia aumentano i collegamenti senza richiesta di sostegni? Non sarà forse un problema di ‘brand’, di offerta?
E’ carente tutta l’impostazione turistica e non solo: sembra si pensi soltanto ad ottenere ‘risorse’, ad aspettare che qualcuno intervenga e provveda. Manca un impegno comune per fare qualcosa di produttivo nell’interesse generale, non necessariamente con sussidi e sovvenzioni. L’attività è concentrata per l’85% tra maggio e settembre, ma le aziende non fanno neanche un minimo di promozione per i propri gioielli culturali, visitabili in qualunque periodo. Non solo: si consideri il caso di Mamunthanas e Surigheddu, un tempo splendide aziende agricole, ora semiabbandonate e che la Regione, proprietaria, propone di vendere, magari consentendo nuovi insediamenti: vi sono state forti proteste dei pastori che attualmente vi sono installati e vorrebbero continuare così. Ma non si possono consentire ulteriori speculazioni immobiliari e, con tutto il rispetto per i pastori, non si può pensare di non poterne utilizzare una parte per realizzare 4-5 campi di golf, un importante mezzo per sviluppare il turismo in tutto l’anno e creare occupazione, senza insediamenti e rispettando l’ambiente.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)
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