Lucroso, redditizio e vantaggioso come il conto esiguo di una svendita irripetibile. Trovare un aggettivo capace da solo di descrivere la convenienza dell’acquisto della compagnia di navigazione Saremar è impossibile. Detenere la Saremar, infatti, significa anzitutto mettere le mani nel settore strategico della continuità territoriale verso le isole di La Maddalena e San Pietro: due territori sfavoriti dalle condizioni geografiche di isolamento e per i quali servizi essenziali come i collegamenti marittimi esulano giocoforza dal rispetto dei principi del libero mercato. Ed è proprio in ragione di questo diritto sacrosanto che la continuità territoriale verso le isole minori si rivela un settore strategico e un affare a dir poco allettante, che tradotto in cifre vale gli oltre 13 milioni di euro del contributo annuale della Regione Sardegna per il servizio di trasporto pubblico: un ricavo sicuro e di tutto rispetto, dunque, ma che di fatto assicura anche la presenza quasi monopolistica in un mercato costituito da un parco utenti sicuro come non mai (per gli evidenti motivi dell’insularità) e nella quasi totale assenza di concorrenti. Un mercato che ha consentito a una società pubblica come la Saremar di conseguire negli ultimi anni il pareggio di bilancio o un leggero attivo non soltanto attraverso il sopracitato contributo della Regione, ma anche attraverso il ricavato da attore privato del trasporto di passeggeri, auto e mezzi commerciali 'fuori convenzione' che è valso, nel solo 2014, un incasso ulteriore di circa 8.322.000 euro, per un fatturato complessivo di circa 22 milioni di euro.
Cos’è stato, dunque, a decretare la fine di una compagnia in salute come la Saremar e a cagionare la sua liquidazione? Di fatto, a condannare a morte la compagnia non è stato il mercato né chissà quale evento funesto o sfortunata causa di forza maggiore, ma l’ovvia e prevedibile conseguenza di una decisione politica sciagurata: quella di scaricare su una realtà sino ad allora virtuosa il peso insostenibile di una follia chiamata 'Flotta sarda'. Una follia che ha sancito la fine di un’esperienza e di un’epoca gloriosa, sino alla dismissione disposta dal Tribunale fallimentare di Cagliari, in ragione dell’insanabile esposizione debitoria dell’azienda pari a circa 11 milioni di euro. Un epilogo amaro che comporterà nei prossimi giorni la vendita ai privati dei sette traghetti della flotta e la gara per l'assegnazione delle rotte verso Carloforte e La Maddalena e il collegamento con la Corsica nella tratta Santa Teresa di Gallura – Bonifacio.
In un recente incontro con i lavoratori della Compagnia l’assessore regionale dei Trasporti ha reso noto di avere ricevuto 8 manifestazioni di interesse per l’acquisto delle sette navi della flotta Saremar, in vendita a un prezzo base di 6,3 milioni di euro. Secondo quanto indicato nella comunicazione del Tribunale di Cagliari la flotta sarà venduta entro il 31 dicembre «in un unico blocco». Quanto alla sorte dei lavoratori Saremar sembra ormai scongiurato del tutto lo spettro del licenziamento in blocco, peraltro comunicato con formula di rito a inizio anno a tutti i dipendenti. Fatto salvo il diritto al pensionamento maturato da circa 26 lavoratori, per i 12 impiegati amministrativi l’assessore ai Trasporti ha assicurato il totale reimpiego in una delle società amministrative in house della Regione, mentre per i restanti 120 lavoratori si ricorrerà a una specifica clausola di salvaguardia sociale da inserire nel contratto di servizio per garantirne il riassorbimento. Tutti impegni che adesso attendono la prova dei fatti.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)
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